Il nuovo nodo del Lodo Moro. Ormai è più di un sospetto quello che serpeggia tra i servizi di sicurezza europei, compreso l’MI6 britannico, e che imbarazza non poco la Cia e le Nazioni Unite. Si tratterebbe di una versione reloaded del controverso «Lodo Moro», il patto segreto di non belligeranza tra lo Stato Italiano e il Fronte per la liberazione della Palestina degli anni ‘70. Un capolavoro di Realpolitik chissà se ancora in vigore. Ma andiamo con ordine.
Dopo i recenti attacchi dell’esercito israeliano alle basi dell’Unifil – il contingente Onu incaricato di sorvegliare la smilitarizzazione di una fascia di territorio compresa tra il confine del Libano e Israele – si sospetta l’esistenza di un accordo segreto tra l’Unifil ed Hezbollah. In pratica, pare che l’Unifil abbia chiuso più di un occhio sul proliferare dei rifugi dei miliziani libanesi. Di questo parlerà riservatamente domani, in Israele, Guido Crosetto. Il ministro della Difesa italiano ha già sollevato la questione con i suoi omologhi, i quali ne hanno apprezzato l’autorevolezza e la schiettezza durante il riuscitissimo G7 di Napoli. Crosetto ha insistito sulla necessità di aggiornare le regole d’ingaggio, mantenendo la neutralità dell’Unifil e riconoscendo al contempo il grande valore della missione.
Creata nel 1978 dall’Onu, l’Unifil è composta da militari di 40 Paesi incaricati di garantire la pace in Libano. Dal 2006, ha assunto un ruolo più ampio, monitorando un’area di 20 chilometri tra il confine Sud del Libano e Israele. Critiche all’operato dell’Onu nella regione sono sorte sin da subito e l’attuale scenario di guerra ha reso oggi la situazione ancora più delicata. Il richiamo al Lodo Moro sorge spontaneo. Tutti sapevano della sua esistenza, tuttavia nessuno può dire di aver avuto tra le mani il testo ufficiale. Nato dall’ingegno di Aldo Moro, l’accordo mirava a garantire pace e stabilità per l’Italia e il Vaticano in cambio della tolleranza verso i terroristi palestinesi nel nostro Paese. Sebbene fosse mal visto da alcuni alleati, l’accordo veniva comunque «sopportato». Chissà se in forme diverse, questo Lodo continua a esistere anche oggi e chi potrebbero essere i contraenti? Difficile che sia la scalcinatissima autorità palestinese. Più probabile si tratti di Iran, Qatar e Turchia, con i loro tentacoli.
Di sicuro il Lodo ha giocato un ruolo positivo per i militari italiani impegnati in Libano: tra il 1982 e il 1984, mentre gli americani persero 265 uomini e i francesi 89, gli italiani registrarono 75 feriti e solo 2 morti. Se Moro era il regista del Lodo, l’attore principale era il colonnello Stefano Giovannone, capocentro del Sismi a Beirut. Fu lui a parlare di «impegni volti ad escludere l’Italia da piani terroristici». Giulio Andreotti sicuramente, da ministro degli Esteri e presidente del Consiglio d’epoca, sapeva dell’accordo, ma non ne ammise mai l’esistenza: nelle carte del suo archivio si trovano riferimenti a incontri con Giovannone, ma nessuna traccia del Lodo. Dopo la strage di Fiumicino del 1973, con 32 morti, il Lodo Moro divenne il faro della politica estera italiana in quell’area martoriata. Alcuni, come il giudice Carlo Mastelloni, lo consideravano un vero e proprio trattato che, oltre alla non belligeranza, prevedeva un sostegno politico e aiuti materiali ai palestinesi. Il generale Armando Sportelli, dirigente del Sismi negli anni ‘80, sosteneva che «il Lodo Moro fu stipulato senza chiedere permesso a Israele, Usa e Gran Bretagna».
Autorevolmente l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, nel libro di Renato Farina Cossiga mi ha detto (2011), suggerisce una connessione tra la strage alla stazione di Bologna del 1980 – non di matrice fascista, secondo quanto stabilito dalla Cassazione – e una possibile violazione del Lodo Moro. Secondo Cossiga, pure un cosiddetto «Lodo D’Alema-Pollari» avrebbe contribuito a proteggere le forze italiane in Libano da attacchi. Il Picconatore mise in dubbio l’operato di Unifil, tanto da presentare un’interrogazione parlamentare – durante il IV governo Berlusconi – al ministro della Difesa di allora, Ignazio La Russa, per chiedere se «le unità italiane di stanza in Libano» avessero «agevolato il riarmo dei commando terroristici di Hezbollah da parte di Iran e Siria».
Oggi, il ruolo dell’Unifil è messo in discussione come mai prima d’ora. La missione, in cambio della sicurezza dei suoi uomini, avrebbe tollerato le attività militari di Hezbollah, come l’installazione di lanciamissili e lo scavo di lunghi tunnel, addirittura carrabili, verso Israele nella zona smilitarizzata mentre circola nel web una foto dell’attuale giovanissimo segretario generale dell’Onu Guterres con i vertici dell’Olp. Un fake, secondo accertamenti d’intelligence, che darebbe però il senso delle relazioni controverse tra alcuni vertici dell’Onu e le realtà palestinesi legate al terrorismo. Tra questi Hamas, che negli anni ha pesantemente infiltrato l’UNRWA, l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei profughi palestinesi. Un unicum, visto che è stata creata un’apposita agenzia che si occupa dei profughi di una sola etnia.
Guido Crosetto è seriamente intenzionato a riscrivere le regole, abbandonando la logica del Lodo Moro e puntando ad una reale sicurezza dei confini tra Libano e Israele. A chi mette in dubbio la sua lealtà verso Israele, ribatte netto che nessuno più di lui si è sempre dimostrato vicino a Tel Aviv. Tuttavia, come facevano Andreotti e Moro, sa bene che, per essere veri amici di Israele, non basta il cuore ma anche una politica estera che sappia difendere l’interesse nazionale. La necessità di chiarezza e sicurezza non è mai stata più urgente. Tempus fugit.
Luigi Bisignani, Il Tempo 27 ottobre 2024
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