Giustizia

Quella “falsa rivoluzione” che sa di atto fondativo del Pd

di pietro craxi tangentopoli
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Chiariamolo, una volta per tutte, con un linguaggio chiaro e diretto (qualcuno lo definirebbe “aggressivo”, ma poco importa) e senza troppi giri di parole: Mani pulite fu un vero e proprio colpo di stato orchestrato dal potere finanziario con il coinvolgimento diretto del Dipartimento di Stato Usa, il sostegno di una parte della Magistratura e di una larga fetta degli organi di informazione, e la connivenza di pezzi della politica, non a caso usciti miracolosamente indenni dal cataclisma giudiziario che spazzò via dal panorama politico nazionale la Prima Repubblica e i suoi protagonisti.

Crollato il Muro di Berlino, e venuta meno la logica dei due blocchi, il nuovo mondo unipolare può finalmente spalancare le proprie porte ad un inarrestabile processo di globalizzazione, e, in questo mutato scenario, il potere finanziario, che fino a quel momento si era servito della politica, pur restandone comunque subalterno, decide che i tempi per “mettersi in proprio” ed affrancarsi da tale condizione di dipendenza sono ormai maturi.

L’occasione che si presenta è ghiotta, probabilmente irripetibile: dopo più di quattro decenni gli equilibri di Yalta sono ormai venuti meno, l’Urss va incontro ad una rovinosa dissoluzione, il comunismo ha fallito la sua missione, e molti tra gli avamposti americani in Europa non hanno più ragione d’esistere. In Italia, inoltre, si assiste già da tempo a una perdurante perdita di efficienza del sistema istituzionale e ad una crescente sfiducia del cittadino nei confronti della classe dirigente. Gli ingredienti per favorire nel Belpaese una svolta epocale da realizzare attraverso un radicale cambio di paradigma ci sono dunque tutti. E anche gli strumenti.

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Il potere finanziario, che detiene già il controllo di alcune tra le più quotate testate del panorama giornalistico nazionale, riesce, anche tramite il supporto del desk italiano di Washington, ad estendere la sua longa manus sulla macchina della giustizia. La Santa alleanza finanziario-mediatico-giudiziaria è dunque servita. Per completare il cocktail, che si sarebbe poi rivelato letale per i destini della Prima Repubblica, manca giusto un ultimo ingrediente: un appoggio politico. Per sovvertire l’ordine democratico precostituito e spazzare via una classe dirigente è infatti necessario che ve ne sia un’altra immediatamente pronta a prenderne il posto e sposare il progetto golpista. E qui, entrano in scena i post-comunisti rimasti orfani di Mosca e quanto mai desiderosi di rifarsi una verginità dopo il disastroso crollo del comunismo sovietico. A qualunque prezzo. Anche a costo di dover rinunciare al primato della politica in favore di logiche esclusivamente dettate dal profitto e del tutto estranee ai principi democratici e all’interesse nazionale. Tutto, pur di riallinearsi ai principi imperanti dell’atlantismo ed assurgere finalmente al potere, seppur sotto l’ombrello protettivo della grande finanza, che comunque garantisce agli eredi del Pci uno scudo giudiziario in grado di immunizzarli dagli attacchi dei pm e di far superare loro, indenni, la sensazionale tempesta giustizialista.

È dunque dall’incontro tra mezzi di informazione, Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa e L’Unità, pezzi della politica, i post-comunisti per l’appunto, ma anche una parte della sinistra democristiana, e Procure, che, sotto l’egida del potere finanziario, si compie quella “falsa rivoluzione” poi consegnata alla storia con il nome di Mani pulite. Ecco dunque spiegato perché i quotidiani di cui sopra faticano ancora dannatamente a guardare a quella stagione con gli occhi della verità e a riconoscere la natura golpista di quegli eventi. Che poi, a ben vedere, sono le medesime ragioni per cui fatica a farlo anche il Pd, soggetto politico non a caso sintesi della commistione tra finanza e cattocomunismo, per cui, le controverse inchieste di Mani pulite hanno rappresentato a tutti gli effetti una sorta di atto fondativo.

Salvatore Di Bartolo, 17 marzo 2025

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