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Quella guerra di religione contro l’odiato zucchero

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L’Istituto Bonelli di Cuneo ha deciso cosa è meglio per i suoi 850 studenti. Ma non in termini di istruzione o cultura; no, quello che ora si cerca è il panino corretto, la suprema giustizia alimentare.

La scuola ha deciso che nei suoi locali verranno forniti solo «cibi genuini» cioè a basso contenuto di sale e con poco zucchero. I succhi di frutta non potranno avere zuccheri aggiunti, ma solo fino a 1,2 grammi ogni 100 di prodotto. Nei distributori si trovano così favolose barrette ai semi e frutta secca, qualche dolcetto e yogurt.

Nella regione della Nutella, unica grande multinazionale con una testa che rivendica la sua scelta di utilizzare l’olio di palma per il preciso motivo che non fa male, non ci saranno snack con zucchero e oli di palma.

Il preside Paolo Romeo che ha studiato questo disciplinare con la locale Asl dice: «Nessun divieto o bando. I ragazzi possono continuare a portare da casa o comprare cosa vogliono fuori». E ci mancherebbe.

Sentitamente il popolo ringrazia per la gentile concessione. Possiamo metterci nello zaino un bel panino con la marmellata, anche quella fatta a casa, risulta essere fatta con un bel po’ di zucchero. Oppure una fetta di ciambellone della nonna: quello che prevede 200 grammi di latte, altrettanti di farina e zucchero e una cucchiaiata di cioccolato. Ecco, niente di tutto ciò si può però somministrare all’Istituto Bonelli, perché rappresenta il diavolo.

Ragazzi ribellatevi. Un tempo le scuole vi facevano il lavaggio del cervello con la cultura gramsciana ostile al lavoro manuale, poi alla lotta contro quella popolare democristiana, sempre contro le riforme efficentiste della pubblica istruzione, e ora la nuova rivoluzione ha un solo nemico: lo zucchero. La rivoluzione culturale passa ora per la Fiesta e il Buondì.

Il preside del Bonelli e i docenti e genitori e professori che hanno condiviso questa follia sono usciti dal The Circle di Eggers, tutti schiavi della nuova tendenza del panino corretto. C’è poco da ridere, è questione di tempo. E verremo sopraffatti da questa nuova religione. Appena il sindaco Bloomberg si insediò nel suo ufficio fece un Ban.

Molto più corretto di quello di Trump: era il cosiddetto Sugar Ban. Nella Grande Mela non potevano più essere serviti bibitoni gassati in bicchieri superiori alle 16 once. Tutto contro lo zucchero. C’erano delle eccezioni alla vendita delle confezioni extra-large: e riguardavano i milk shake, i supermercati discount e l’alcol.

Sì, avete capito bene, i ristoratori newyorkesi non potevano vendere un bicchierone di Coca Cola, ma gli era permesso farlo se il contenuto fosse stato di vodka. Se non credete al cuoco di questa zuppa, andate a cercare su un qualsiasi sito dei giornali americani (tra il 2012 e il 2014) con la parola chiave Sugar Ban e troverete tutto. Questi sono matti.

Una corte nel 2014 ha poi bocciato la genialata di Bloomberg, con la semplice motivazione che non sono affari del dipartimento della salute della città decidere cosa possano bere i newyorkesi.

Ieri il Daily Mail, popolare tabloid inglese, riportava in prima pagina alcuni degli effetti negativi di questa battaglia allo zucchero. Intanto le multinazionali dell’alimentare, che non hanno cuore, ma correttamente pensano ai fatti loro, si stanno organizzando preventivamente per sostituire lo zucchero e per fare almeno finta di averlo fatto.

Citano il caso della Nestlè e del Kit Kat: boh, non sappiamo. E ricorda come alcuni studi su come alcuni sostituti chimici dello zucchero alla fine rischino di essere più dannosi e alimentare anche l’obesità più dello zucchero stesso.

C’è un filo rosso che lega Cuneo, New York, e la Gran Bretagna: la religione. Essa si alimenta sul dogma ma anche sul mito. E soprattutto per noi cattolici su un sottile senso di colpa. La religione alimentare ci interesserebbe poco.

Massimo rispetto per i vegani, i melariani (quelli che mangiano solo mele), gli antizucchero o quello che diavolo volete ingerire. Massimo rispetto, ma quando un’istituzione pubblica decide cosa sia bene per i nostri figli, beh allora le cose cambiano.

Abbiamo combattuto per una scuola laica, e oggi ce ne troviamo una confessionale: ha solo sostituito una divinità all’altra. Se permettete preferiamo la Divinità tradizionale.

Nicola Porro, Il Giornale 1 aprile 2017

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