C’è un elemento che fa da sfondo al caos scuola di questi giorni, per lo più sottaciuto e ai margini del dibattito politico e mediatico ma dai risvolti inquietanti per il futuro del nostro paese e per la formazione delle giovani generazioni. La sensazione che si possa fare a meno della scuola, che l’istruzione rappresenti un qualcosa di accessorio e di sacrificabile. Ci sono due cardini della società che, dal 1968 in avanti, sono stati messi in discussione: la famiglia e la scuola. Non a caso le nuove generazioni vengono formate dai genitori e dagli insegnanti che hanno subito una delegittimazione della propria autorità nei confronti dei figli e degli studenti, figlia di una cultura sessantottina che ha ormai permeato la società.
Il concetto di “uno vale uno” nasce dal sessantotto, così come il sei politico che è per definizione antitetico a ogni concetto di meritocrazia. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una smobilitazione della scuola italiana che ha purtroppo avuto il suo apice con il coronavirus. Dopo l’ex ministro dell’Istruzione Fioramonti che ha invitato lo scorso anno i professori a giustificare gli studenti che scendevano in piazza a manifestare per i Fridays for Future, l’attuale ministro Azzolina si è resa protagonista non solo di una serie di gaffe ma dell’applicazione di una precisa visione ideologica della scuola dai risvolti paradossali.
Siamo così passati dalle direttive, più o meno esplicite, di promuovere tutti a causa del covid, agli esami di maturità diventati un proforma, fino allo spettacolo indecoroso di questi giorni in cui si sta prospettando di posticipare ulteriormente l’inizio delle lezioni a fine settembre, ufficialmente a causa delle elezioni regionali e del referendum del 20 settembre, in realtà per l’impreparazione a cui si è giunti all’avvio dell’anno scolastico i cui termini erano noti da mesi.
C’è poi un ulteriore tema da tenere in considerazione: stiamo privando le giovani generazioni del loro futuro e di un diritto, quello all’istruzione, che dovrebbe essere garantito e tutelato dallo Stato. Lo stesso Stato che invece sembra considerare la scuola un’istituzione tutto sommato sacrificabile, procrastinando l’avvio delle lezioni come se nulla fosse, sospendendo l’insegnamento con una leggerezza disarmante senza tenere in considerazioni le conseguenze sociali e pedagogiche che comportano certe decisioni frutto della disorganizzazione.
Il caos scuola è l’emblema di questo governo che basa la propria azione politica sull’improvvisazione e l’incapacità di programmazione. La ricetta è semplice: sei politico collettivo, tutti promossi, applicazione dell’uno vale uno fin da bambini e cancellazione di ogni forma di meritocrazia.
Francesco Giubilei, 29 agosto 2020