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Quelle bimbe islamiche vendute dai genitori

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di Antonello Picci

La terribile vicenda di Saman Abbas, la giovane pakistana scomparsa da più di un mese e probabilmente strangolata dallo zio, riporta alla mente Vendute!, il libro sulla storia di Zana e Nadia Muhsen, best seller negli anni ’90. La lettura toglie il sonno.

Due sorelle di Birmingham di quindici e tredici anni, di padre yemenita e madre inglese sono vendute per 2600 sterline ad un amico del padre che le porta in “vacanza” nello Yemen: Zana resterà otto anni, Nadia non è mai tornata. Passeranno dalla Disco Music al Medioevo in soli tre giorni. Maritate a loro insaputa vivranno dentro le rigidissime regole coraniche. Saranno otto anni di abusi perpetrati sulle ragazze che come tutte le donne da quelle parti contano poco o nulla.

Violentate ripetutamente e costrette a partorire, fra gli altri soprusi non potranno più tornare a casa senza il consenso del marito che a “giusto titolo” le ha comprate. Otto anni in un villaggio sperduto senza luce, telefono o acqua e coi lupi e le iene per vicini di casa. Otto anni in cui Zana non sentirà la sua lingua, se non nelle preziosissime musicassette di pop e reggae, ultimo ed unico contatto col mondo occidentale, ma solo il suono odiatissimo ed aspro dell’arabo. E per tutto il tempo i dubbio atroce che la madre sia complice. Si aggrapperà alla sovrumana volontà di non piegarsi, mentre l’adolescenza lasciata in Inghilterra è perduta per sempre.

Quel libro riletto oggi sconcerta per la sua attualità. Zana però avrà un “lieto fine”, se mai una storia simile possa avere fine nella mente e nell’anima di chi l’ha subita. Saman ha pagato con la vita la voglia stessa di vivere. La sua insopprimibile voglia di libertà.