Nel 1991 Sergio Ricossa pubblicava il bellissimo libro I grandi classici dell’economia. Cento trame nel quale presentava cento autori e le loro cento opere più significative, con l’auspicio che, come scriveva nell’introduzione, “ …fossero una guida rapida e maneggevole, che non impaurisse il guidato, ma piuttosto lo inducesse a leggere qualche classico dell’economia nel testo integrale, dopo averne assaggiato una briciola”. (Ibid – Bompiani – 1998).
Anche oggi l’economia è quasi sempre sulle prima pagine dei giornali, pervade la vita di chiunque, volente o nolente. Tutti ne parlano, pochi la conoscono ed ognuno ha la propria idea di “cosa sia l’economia”.
Per questo è bene che un libro come quello in parola sia più conosciuto e diffuso. Per diversi motivi, a cominciare dal fatto che è opportuno essere ben indirizzati, per poi conoscere le opere degli economisti studiandone i testi integrali e non solo per sentito dire. In secondo luogo perché, conoscendoli direttamente, si è in grado di capire meglio quanti di loro siano stati sottovalutati e quanti, all’opposto, clamorosamente sopravvalutati.
Le altre puntate:
- Così si manda in rovina un Paese
- La lezione da imparare: non esistono i “soldi dello Stato”
- Meloni, senti qui: per governare bene, governa meno
- Perché è giusto protestare contro le tasse (e ridurle)
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- Innovazione e sviluppo, altro che “decrescita felice”
- Così il sinistrismo ha infettato tutta la cultura italiana
- La differenza tra un borghese e un collettivista
- Superbonus, perché bisogna temere lo stato (anche se ci fa regali)
- In ricordo di Sergio Ricossa, liberale vero
Tra i cento nomi selezionati c’è Luigi Einaudi, uno dei più grandi economisti italiani ed il più inascoltato. Grandi riconoscimenti ufficiali, riverito a parole senza mai applicarne gli insegnamenti. Di grande statura morale ed intellettuale, rappresenta un limpido caso di “promoveatur ut amoveatur”: non essedo manipolabile alla guida della Banca d’Italia o al governo, meglio rimuoverlo con una promozione alla Presidenza della Repubblica.
Scrive Ricossa: “È imbarazzante selezionare, nella ricca e ormai classica produzione letteraria di Luigi Einaudi, un’opera particolare e rappresentativa dell’intero. Gli scritti più accademici sono forse i Principi di scienza delle finanze (1932) e le Lezioni di politica sociale (1949). Ma l’Einaudi più vivo è quello saggistico se non addirittura quello giornalistico. Perciò la scelta è caduta sulle Prediche Inutili (1955-1959), che sono fra le ultime pubblicazioni (l’autore morì nel 1961) e che già nel titolo indicano due caratteristiche fondamentali di questo singolare studioso di economia: la sua incessante predicazione del liberismo quale dottrina morale, non meramente politica; e la sua incapacità di convertire al liberismo una parte non marginale della cultura italiana.
Molto rispettato, collezionista di riconoscimenti onorifici quasi unanimi, Einaudi non ebbe che un drappello sparuto di allievi e di seguaci, né dopo alcuni decenni dalla sua scomparsa le sue idee hanno oggi maggior fortuna in patria” [Ibid].
Rileggendo questo passo notiamo che, mutatis mutandis, si potrebbe riscrivere molto simile per Ricossa. E quindi eccoci qui, accoliti dello “sparuto drappello”, per contribuire, con questa piccola rubrica, a tener viva la memoria di entrambi.
Fabrizio Bonali, 20 marzo 2023