Ghali, il rapper propal che ricorda in modo inquietante Pippo Franco, non si sa se abbia patito la depressione, ma, proprio come se fosse un vippettino depresso, mi sa che si è montato la testa: “Ormai il messaggio sono io”. McLuhan scansati, ma forse il nostro Ghali non lo conosce, lui è più sul sincretismo gastronomico “pizza kebab”. Il messaggio sono io e tornerò in Rai anzi già ci sto: una strategia è la depressione, l’altra è la censura resiliente: più mi cacciano più io resto.
E, si capisce, lo cacciano per la profonda urticante gravità di quello che ha da dire ma lui è vox populi e quindi nessuno può zittirlo: “Il mio nuovo pubblico è l’Italia”. Nuovo perché, se ci è nato? Ma fa parte del battage: il nostro trecciolone ha nuove cose da vendere, nuovi concerti e in un modo o nell’altro deve far parlare di sé. Parlando di sé. Prima finge di non essere stato invitato ad uno di quei patetici, insopportabili concerti per la pace utili a chi li fa, e, in maniera marginale, nella fattispecie a Emergency che si prende parte dell’incasso, poi rispolvera i tempi gloriosi in cui cercò lo scandalo a Sanremo parlando di genocidio in Palestina, ci ricama sopra e lancia freccette ai colleghi rappettari “che si fanno invitare a Rete4”. Ce l’ha col Baby Touché, il duro col machete “comprato al supermercato” che prima si fece mettere a posto da Capezzone e poi cacciare da Del Debbio, tante le scemenze che eruttava.
Intendiamoci: fossimo di cultura e origine islamica anche noi forse, probabilmente avremmo parlato di genocidio, magari a sproposito, magari esagerando, ma va capito e, sempre a voler essere del tutto onesti, se a febbraio poteva apparire ancora prematuro, provocatorio, oggi lo è molto meno, stante quello che si vede in Palestina e non solo (rischiamo davvero l’implosione globale, a forza di ripeterci che non succederà mai ce la stiamo o stanno costruendo giorno per giorno, bombardamento su bombardamento. E non se ne esce).
Il problema sono le vere ragioni, ed è il “modus”: sull’afflato spontaneo di questi succedanei di artisti non giureremmo, sulla sovrastruttura sì. Per dire una ricerca della polemica stupida, finalizzata al tornaconto. Se Ghali è cresciuto, di sicuro è cresciuto nella presunzione: “In tempi bui bisogna splendere. Se quelli come me non splendono, restano quello che vanno a Rete4”. A Mediaset no, in Rai sì. Ma è tipico di queste figurine del presepe, il cui maggior talento è millantare un talento. Ghali in certi posti non ci va perché farebbe la fine di Touché e lo sa: va dove non gli dicono niente, non gli fanno pesare niente, da cui il sospetto di una malafede: va dove nessuno osa fargli notare che la sua visione edificante dell’Islam è purgata e improbabile. So’ ragazzi, si dice a Roma, ma di quelli che, anche misteriosamente, maneggiano incassi stellari con licenza di dire le puttanate che vogliono. E se uno gliele fa pesare, si rifugiano nel lamento vittimista. Insopportabili!
Divisivo, il Ghali? Ma no, in sé è una pistoletta scarica, ad acqua, divisivo se mai fra chi lo considera un fuoriclasse e chi lo vede per quello che è: un epigono, uno che ce l’ha fatta oltre gli assai modesti meriti, uno che ha trovato la sovrastruttura, esponente di quel rap (in brodaglia pop) che secondo Keith Richards “serve a capire quanti sordi ci sono al mondo”. Divisivo ma anche inclusivo: lui, infatti, vuole farsi includere dappertutto, “basta che sia posto” come cantava Vasco Rossi, di preferenza a Sanremo, per poi lamentarsi che lo censurano. L’azienda deve sempre macinare utili, giusto? E ogni cosa serve, ogni polemica sgangherata, ogni esagerazione o narcisismo. Anche le contraddizioni un po’ invereconde: Ghali per la pace, contro la violenza, però sul palco con lui chiama l’amico Simba la Rue condannato a 3 anni 9 mesi per faide a suon di rapine e coltellate fra trappettari, la cosca di La Rue contro quella del Touché che va, e poi fugge, da Rete4.
Manichini di un tempo liquido per dire senza forma e senza sostanza, senza necessità né libertà e, più di tutto, senza bello né estetica. Roba che Kant si sarebbe suicidato, a mezzogiorno in punto, in piena passeggiata a Konigsberg. Questo, signori, passa il convento, se vi accontentate e anche se non vi basta. In tanta mestizia sia però consentito al commentatore carogna un moto di solidarietà autentica, senz’ombra di ironia: la madre di Ghali, che le è legatissimo, ammalata di tumore: operata, pare stia meglio. Ghali, come artista non sei niente di che, ci stai anche sulle balle, ma possiamo dirti che siamo contenti? Che abbiamo rispetto del tuo dramma, sperandolo risolto e magari utile a fartene uscire cresciuto, maturato e un po’ più vero, un po’ leale? Un po’ più artista?
Max Del Papa, 30 ottobre 2024
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