Il settore immobiliare – composto di famiglie, di professionisti e di imprese – sta pagando le conseguenze del Coronavirus in un contesto già difficile, caratterizzato da una tassazione patrimoniale soffocante, da una continua discesa del valore di investimenti e risparmi e da una crisi che coinvolge tutti gli operatori del comparto e del suo indotto, con riflessi anche sui consumi.
Nel Consiglio dei ministri di venerdì sera, il Governo è intervenuto per affrontare l’emergenza. Adesso, però, occorre varare misure coraggiose ed incisive per il rilancio dell’economia. Occorre liberare energie, stimolare attività, rimuovere i vincoli fiscali e regolatori che scoraggiano l’iniziativa. Solo seguendo questa direzione l’Italia potrà superare un momento indubbiamente difficile e al contempo affrontare le sue tare più risalenti, che da troppo tempo ne impediscono lo sviluppo.
Dal punto di vista dell’economia immobiliare, le cose da fare possono essere tante, ma anche quelle da non fare. Citiamone – a puro titolo di esempio – una in un senso e una nell’altro. Si potrebbe, ad esempio, come suggerito dal professor Francesco Forte nel suo articolo “Tre ricette per salvare l’economia” pubblicato sul Giornale del 26 febbraio, ripristinare ed ampliare la cedolare secca sugli affitti dei negozi, inopinatamente cancellata dopo appena un anno di vita.
Il commercio soffriva già una crisi gravissima, tanto che Confcommercio ha parlato qualche giorno fa di 70.000 negozi chiusi negli ultimi dieci anni. Ora, con il Coronavirus, le difficoltà sono aumentate. Che si tratti di psicosi o di timori fondati, l’afflusso verso locali di ogni tipo (di ristorazione, di intrattenimento, ma anche di vendita al dettaglio) si è ridotto in molte zone d’Italia, non solo in quelle al momento considerate più a rischio. In questo quadro, che senso ha continuare a rifiutarsi di ripristinare – meglio se insieme con uno snellimento delle preistoriche regole contrattuali – una misura unanimemente ritenuta valida per rianimare il settore?
C’è però, come detto, anche qualcosa da non fare. È il caso, ad esempio, delle norme esplicitamente finalizzate a scoraggiare gli affitti brevi e turistici che il Governo aveva annunciato pochi giorni prima dell’acutizzarsi dell’emergenza Coronavirus.
La speranza è che si ritenga di soprassedere. Il turismo è stato decimato per effetto delle notizie – spesse volte maldestramente enfatizzate – sulla situazione del contagio nel nostro Paese (il colpo di grazia è arrivato con la comunicazione del Dipartimento di Stato USA, che ha di fatto sconsigliato i suoi cittadini dal recarsi in Italia, equiparandoci alla Cina e alla Corea del Sud come livello di rischio).