Questi fanno paura: vogliono far “estinguere la bianchezza”

Arriva il manuale per combattere “la falsa identità razziale bianca positiva”. Non è follia woke, qui siamo ben oltre: al rogo il lurido uomo bianco

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Bianchezza, biancore, biancume, biancheria, l’importante è che se ne vada via. Un tempo il candeggio era sinonimo di nitore, igiene, adesso è lo sporco più sporco da rimuovere, particolarmente nell’Inghilterra sconvolta da stragi continue per mani dalle cinquanta sfumature di moro, mani islamiste ma l’importante è estinguere il bianco.

Ci stanno riuscendo e l’intendenza, cioè l’Europa intera, seguirà. Sta già seguendo. La differenza è che altrove il processo di sostituzione etnica (che c’è, oh se c’è!) è desolamente fattivo, di una spontaneità lasciata a se stessa, nel Regno disUnito viene teorizzato a suon di manuali, prescrizioni, linee guida: a questi, uscire dalla Ue woke non gli è servito, stanno oltre, stanno al delirio conclamato se adesso arrivano pure le istruzioni, nero su bianco (è proprio il caso di dire) per cancellare la whiteness che non sta per candore ma per lurido bianco, vergogna delle vergogne, cancro dell’umanità. A dire il prontuario delle rimozioni forzate: “Distruggere la centralità dei bianchi”, eliminare “i falsi miti di meritocrazia individualismo e obiettività”, annullare “la falsa identità razziale bianca positiva” sono le formule e queste formule sono il Mein Kampf dell’ultrapoliticamentecorretto; è l’odio istituzionalizzato, imposto alla “nuova generazione di insegnanti antirazzisti”, vale a dire superrazzisti, a livello paranoico da imbianchino austriaco.

La missione, di stampo squisitamente neocomunista, come sempre quando c’è da smantellare individuo, merito eccetera, va oltre l’idiozia: dire, obbligare a dire che il bianco non ha inciso nella storia patria e più in generale europea e occidentale, equivale a negare la storia, a sbugiardare la storia, né più né meno. Vuol dire ricreare un tempo mai esistito, con la colossale opera di falsificazione, di alienazione che ne consegue. Perché il negazionismo che non vede i bianchi, fatalmente non vede, e sicuramente gli fa piacere, Bach, non vede Michelangelo, non vede San Francesco, Giotto, Dante, Shakespeare. Non vede niente. Non vede più niente.

Siamo alla lobotomizzazione retrospettiva, una tale assurdità da non potere riuscire spontaneamente, ci vuole, ci vorrà tutto il peso di uno Stato o sovrastato neototalitario. Per la semplicissima ragione che noi, bianchi di tutte le gradazioni, siamo quella storia lì e, piaccia o non piaccia alle vestali del folle revisionismo cutaneo, ci stiamo ancora immersi: non sono, questi, processi di censura totalitaria che possano riuscire nel giro di qualche semestre, siamo al livello dei grandi balzi in avanti, delle rivoluzioni culturali che si risolvevano in decine di milioni di cadaveri. Per questo non ci è possibile, se mai lo è stato fino a ieri, liquidare tutto con la solita scrollata di spalle che si riserva ai mattoidi in servizio permanente effettivo.

C’è qualcosa d’altro e di oltre, come un serpente antico che non muore sotto il tallone. Qui non si tratta più di smania woke, quanto del bisogno di capro espiatorio che è tipico dei regimi assoluti, delle dittature senza spiragli. Per i nazisti erano gli ebrei, per gli stalinisti e i loro derivati erano i borghesi, cioè tutti. Adesso ci sono i bianchi. Può riuscire, questa estinzione bianca? La logica dice di no, la follia del Pandemonio che viviamo induce qualche agghiacciante sospetto. Se si pensa che un uomo, neppure operato, un uomo a tutti gli effetti, oggi può trascinare davanti a un giudice chi lo vede per quello che è non per quello che egli pretende o millanta di essere. E il giudice gli dà ragione. Non c’è più possibilità di far trionfare la verità possibile perché non è più possibile distinguere il vero dal falso allo stesso modo in cui non è più separabile la ricchezza pulita da quella sconcia: se lo Stato foraggia la criminalità organizzata con mezzi formalmente legali come il reddito di cittadinanza o una delle mille sovvenzioni chiamate bonus, la mafia commette un crimine? No, si limita a riceverlo e ringrazia, magari sdebitandosi. Ma, ancora una volta, può sdebitarsi la parte criminale di un sistema più complesso, che la comprende come parte non più separabile, distinguibile? Non c’è più differenza tra vero e falso, tra reale e finzione perché non esiste più il reale e non esiste più la finzione.

Sì, questa caccia al bianco, che meno di un secolo fa pareva inammissibile e poi è riuscita alla perfezione per oltre un decennio, può tornare, in forme apparentemente diverse; è già qui e spinge al paradosso, la mistificazione per ingannare un’altra mistificazione: se tutto è percezione e niente è definito, cosa impedisce a un bianco di considerarsi più o meno scuro, più o meno non bianco? “Non puoi toccarmi, non sono chi pensi che io sia!”. Forse i più accaniti filologi del fumetto ricorderanno una striscia di Popeye intorno al 1935: il “rissoso, irascibile, carissimo” marinaio che si divertiva a pestare duro il Mostro della Strega e quando quello s’infuriava gli diceva (traduco dallo yankee): “Mi chiamo Ceriani, sono una delle ragazze Ceriani”. E il mostro tardone ci pensava su. Quasi cento anni fa ma l’uomo non cambia e non impara, la sua follia criminale non cambia. Il problema è che allora era la striscia di un cartoonist geniale, poi qualcuno l’ha presa alla lettera e sono arrivati, ricorrenti, gli Olocausti.

Max Del Papa, 27 agosto 2024

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