Dopo la ritirata di Mosca da Kiev e l’intensificarsi degli scontri nel Donbass, sembra quasi che la pace, le trattative, i negoziati non siano più la priorità di nessuno. L’Ue dice che ora “servono più armamenti che embargo all’energia”. Zelensky ribadisce che occorrono “innanzitutto armi”. La Russia legge il tutto come un “cambio” delle regole del gioco. E la Nato continua a mantenere una posizione di attesa aggressiva, così poco votata alla diplomazia da far infuriare anche Pechino.
Lo scontro Nato-Cina
Partiamo dall’Oriente. La Cina sin qui ha cavalcato l’altalena di chi non vuole abbandonare Putin al suo destino né può fare a meno del ricco mercato Occidentale cui vende le sue merci a basso costo. Evitare che Xi Jinping decida di varcare il Rubicone e sostenere (anche militarmente) la Russia dovrebbe essere l’obiettivo primario dell’Alleanza Atlantica. Come ha fatto notare il generale Tricarico, invece, le dichiarazioni del segretario Generale Jens Stoltenberg sono sempre state di “irrigidimento delle posizioni” e mai votate alla “distensione”. Quando a microfoni accesi s’è lasciato sfuggire che la Cina pone “una sfida sistemica” alla sicurezza nazionale delle “democrazie” non ha certo favorito il dialogo tra i grandi del mondo. E infatti oggi in tutta risposta Pechino ha prima richiesto una “indagine equa e indipendente” sulla strage della stazione di Kramatorsk. E poi ha attaccato frontalmente l’Alleanza Atlantica esortandola ad “astenersi dal tentativo di destabilizzare l’Asia o il mondo in generale”. La Cina denuncia accuse “infondate e diffamatorie”, ma anche “osservazioni false e provocatorie”, e chiede all’Alleanza di abbandonare “l’approccio conflittuale di tracciare linee basate sull’ideologia”. Un pianeta tornato ai tempi della Guerra Fredda, con Russia e Usa sul piede di guerra, di tutto ha bisogno tranne che di un Dragone pronto a scendere in campo.
L’Ue si mette l’elmetto
All’orizzonte però non si vede un raffreddamento degli scontri internazionali. Oggi Josep Borrell, ministro degli Esteri dell’Ue, tornato da Kiev con “la lista” delle armi da mandare a Zelensky, ha sostanzialmente fatto capire al mondo che prima della battaglia del Donbass non smetteranno di esplodere le bombe. “Ciò che fa la differenza in questo momento sono gli aiuti militari”, spiega Borrell. Lo stesso pensa la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, secondo cui “l’Ucraina ha bisogno di altro materiale militare, innanzitutto di armi pesanti”. Quindi la Nato ne invierà altre affinché l’Ucraina possa “vincere la guerra sul campo di battaglia”. Dichiarazioni che per Mosca cambiano le carte in tavola “Devo dire che ciò che Josep Borrell ha detto, in questo contesto aggressivo e senza precedenti, cambia davvero in modo significativo le regole del gioco”, ha attaccato il ministro degli esteri Lavrov, “mai prima d’ora l’Unione Europea ha parlato o agito come un’organizzazione militare”.
Mariupol intanto è ormai prossima a cadere, probabilmente con una strage dei combattenti di Azov in città. Poi si vedrà. Il ministro degli esteri russo Lavrov promette: “Nessuna pausa delle ostilità prima dell’accordo finale”. Oggi il cancelliere austriaco Karl Nehammer è andato a Mosca e pare che abbia detto al Putin che ha “perso moralmente la guerra”. Lui se ne sarà infischiato, e dunque la guerra continua. Con tutto il suo calvario di morti.