Altro giro, altra corsa. Siamo al terzo giorno della maratona per l’elezione del Quirinale e ancora all’orizzonte non si vede una soluzione dell’enigma. Chi sarà l’erede di Sergio Mattarella? Nel primo scrutinio hanno prevalso le schede bianche e i nomi fantasiosi (tra loro, Giuseppe Cruciani). Alla seconda votazione stessa storia, anche se con meno voti dispersi e più preferenze per il capo dello Stato uscente e per il “candidato grillino” Paolo Maddalena. E oggi?
La verità è che nelle prime tre votazioni, quando serve la maggioranza dei due terzi dei 1.009 grandi elettori, i giochi si fanno più fuori che dentro il Palazzo di Montecitorio. Ieri i leader si sono incontrati: Letta, Conte e Speranza da una parte; Salvini, Meloni, Tajani e i centristi dall’altra. Contatti ci sono stati anche tra Forza Italia e il Pd. Il leader del Carroccio ha visto anche Mario Draghi, la cui candidatura per ora è in freezer. Il centrodestra ha presentato la sua rosa: Letizia Moratti, Marcello Pera e Carlo Nordio. Il centrosinistra li considera “nomi di alto profilo” (e ci mancherebbe), ma non intende convergere su di loro. L’idea di Letta è quella di chiudersi in conclave tra “delegazioni ristrette” e “buttare la chiave” finché non esce fuori un nome condiviso.
Più facile a dirsi che a farsi, purtroppo. Non solo perché il centrodestra non accetta “no pregiudiziali” sulla sua rosa di candidati. Ma anche perché ad oggi un nome unico che metta insieme la gran parte dei grandi elettori non c’è. Sullo sfondo restano sempre gli stessi: Pier Ferdinando Casini, che però dovrebbe superare le resistenze del centrodestra (“non è dei nostri”, hanno fatto sapere ieri i leader); Antonio Tajani, che però con la tessera di Forza Italia in tasca potrebbe avere qualche problema; e Maria Elisabetta Casellati, presidente del Senato, che si vorrebbe preservare da una conta in Aula al muro contro muro (“non ha bisogno di essere candidata, lei è disponibile”, ha detto Salvini) ma che sembra la vera carta segreta del centrodestra. Senza dimenticare il bis di Mattarella e la sempreverde opzione Mario Draghi. Il premier per ora è stato congelato, Lega e M5S chiedono che resti al “timone del governo” e sullo sfondo ci sono la crisi Ucraina e il rincaro delle bollette: traslocare Supermario al Colle significa anche trovare un accordo per un nuovo governo. E la partita non è così semplice, coi venti di guerra che soffiano alle porte dell’Europa.
Chi può essere eletto (e come si vota)
Possono puntare al Colle più alto di Roma solo i cittadini italiani che abbiano compiuto i 50 anni di età e godano dei diritti civili e politici. Il Parlamento si riunisce in seduta comune alla Camera sotto la guida del presidente Roberto Fico, che ha convocato il secondo giro di votazioni per oggi pomeriggio alle 15.
La platea dei cosiddetti “grandi elettori” è composta dai senatori a vita, dai parlamentari (deputati e senatori) oltre che da 58 delegati regionali scelti dai consigli di tutte le Regioni, tre per ognuna ad eccezione della Valle d’Aosta che ne invia soltanto uno. Totale: 1.009 grandi elettori, tornati tali dopo la morte del forzista Vincenzo Fasano subito sostituito da Rossella Sessa.
Nei primi tre scrutini, per essere eletto il candidato presidente dovrà puntare ad un consenso molto ampio, ovvero i due terzi dei votanti: sostanzialmente 673 voti. Un obiettivo ambizioso, soprattutto per un parlamento così frastagliato. Forse, solo Mario Draghi e il Mattarella Bis potrebbero riuscirci. Dal quarto giro in poi, invece, sarà necessaria solo la maggioranza assoluta degli aventi diritto: il 50%+1, dunque 505 voti. Il quorum non cambia in base a chi si presenta in aula.
Le operazioni di voto
Fino a sette anni fa, alla Camera venivano montanti i cosiddetti “catafalchi” e i “grandi elettori” venivano chiamati a scrivere la loro preferenza su un foglio per poi depositarlo in dei cesti di vimini. Causa coronavirus, le cose sono cambiate un po’. Intanto ci sarà un solo scrutinio al giorno, per evitare di accavallare troppo la presenza di persone a Montecitorio. Gli elettori verranno poi divisi in gruppi di massimo 50 persone, così da sanificare le cabine (realizzate nuove per l’occasione senza tendine).
Discorso a parte per i positivi al coronavirus o quelli in quarantena preventiva. Il governo ha emanato un decreto apposito per permettere loro di partecipare all’elezione del presidente della Repubblica e nel parcheggio adiacente alla Camera dei Deputati, in via della Missione, è stato allestito un seggio speciale. Lì i circa 30 “grandi elettori” infetti potranno comunque consegnare la loro scheda”. L’unica “esclusa” dal voto è Sara Cunial: no vax e contraria al green pass, non vuole farsi un tampone per entrare alla Camera. Paradosso tutto italiano: lei, sana, non può votare; i positivi e i grandi elettori in quarantena, invece sì.