Nell’articolo dello scorso 22 gennaio su questo sito suggerivo ai grillini di votare Silvio Berlusconi. Era un modo, argomentavo, per garantirsi la poltrona fino al compimento della legislatura. Naturalmente il mio suggerimento, per quel che poteva valere (cioè zero), non era disinteressato, visto che, dopo Maria Giovanna Maglie, era proprio Silvio Berlusconi la persona che avrei voluto vedere al Quirinale. L’uomo grazie a Dio non è perfetto, ma penso di non sbagliare se assumo che anche il peggiore nemico di Silvio Berlusconi, pur desiderandolo ardentemente rinchiuso in una cella chiusa con la chiave gettata da qualche parte, non possa non riconoscere che l’uomo ha tutti gli attributi per essere Presidente della nostra Repubblica.
Anche se i sinistri sono troppo ottusi, per costituzione, per riconoscerlo, quando scese in campo, Berlusconi fece loro un enorme, colossale favore: dette l’opportunità a quella macchietta che era la “gioiosa macchina da guerra” di vincere in modo dignitoso. Sappiamo che perdettero, ma perdere in modo dignitoso è meglio che vincere in modo infame. Almeno secondo me.
Bene. Messe da parte le ragioni del mio cuore (cioè Maria Giovanna e Silvio), in quell’articolo del 22 gennaio vedevo una sola ragione per desiderare Mario Draghi al Quirinale. Fatemela ripetere: promoveatur ut moveatur. L’uomo – parlo sempre secondo me, la cosa vale per tutto il pezzo e quindi non lo ripeterò più – andrebbe rimosso da quel posto, non sembra capace. O meglio, sarà uno capacissimo per i propri affari, bravissimo a lavorare sottobanco e dietro le quinte. È uno che parla poco e dà tanto l’impressione di essere uno super, come viene appunto chiamato. Dagli allocchi. Ai quali non viene in mente che invece parla poco per lasciare, almeno ai non allocchi, un indicibile dubbio, nel timore di toglierglielo non appena apre bocca.
Pensiamoci un attimo ai suoi tre più famosi exploit:
1. «Whatever it takes» non significa nulla e, poi, non v’è nulla al mondo che debba salvarsi “a qualunque prezzo”. Nulla se non una cosa: la vita.
2. «Se non ti vaccini muori o fai morire».
3. «Il problema dell’Italia sono i non vaccinati». Con essi ogni dubbio svanisce, nevvero?
Ora vi dico come credo possano forse essere andate le cose. Forse mi sbaglio, ma ve lo dico lo stesso. Bisognava che Mario Draghi andasse al Quirinale, per pagargli il conto dei suoi servizi, nel senso letterale della parola. Non si capiva cosa esattamente avesse fatto quest’uomo per meritarsi il Colle, e s’è pensato che avrebbe potuto presentarsi come salvatore della Patria, come l’Uomo che avrebbe dimostrato di aver portato il Paese fuori dall’emergenza. Ed ecco il primo errore: «wishful thinking». Un errore, questo, già commesso all’inizio della pandemia, quando tutti giuravano che il virus non ci avrebbe toccato (rammentate Burioni da Fabio Fazio nel febbraio 2020?). Non tutti, però. Certamente non noi, che nell’articolo del 24 febbraio, sempre su questo sito, scrivevamo: «Quella del coronavirus è solo una prova generale della vulnerabilità di un sistema che si sta suicidando con l’ideologia. A cominciare da quella di ritenere che ciò che è già accaduto [altre pandemie del recente passato, ndr] non debba ripetersi».