Non c’è dubbio che l’annuncio con cui Silvio Berlusconi ha ritirato la sua candidatura al Quirinale sia un atto che gli fa onore e che, nello stesso tempo, chiarisce enormemente il quadro politico. È anche una vittoria politica senza troppi se e senza troppi ma. Cerchiamo di capire perché.
Perché l’atto gli faccia onore è presto detto. Il Cavaliere è stato un grande visionario e ha realizzato imprese in partenza giudicate impossibili, ma è stato anche sempre molto realista. I numeri sulla carta, questa volta, non c’erano: ne mancavano veramente tanti e lo schieramento avversario era praticamente impermeabile. Perché andare a sbattere e contraddire, con una sconfitta finale, una carriera di successi? E perché poi, in una sorta di cupio dissolvi o “muoia Sansone con tutti i filistei”, fare andare a sbattere l‘intero centrodestra e dare l’alibi perfetto alla sinistra per scegliere un proprio uomo presentandosi come la parte responsabili dello schieramento politico?
Che l’uscita del vecchio leader dalla competizione sia anche un modo per smascherare la sinistra, è altrettanto evidente. I refrain di Letta e compagni sono stati in tutta questa lunga fase pre-elettorale due soprattutto: bisogna fare una scelta condivisa; e il candidato non può essere divisivo. Ora, verrà fuori quello che ai più attenti era già chiaro: i compagni vogliono scegliere come Presidente uno di loro e, non avendo i numeri e l’autosufficienza, vogliono che la destra condivida adeguandosi senza proferir parola. Il contrario non vale, tanto che ogni candidato di destra viene e verrà sempre rifiutato, a priori. La destra ha i numeri per opporsi a questo giochino truccato; c’è da augurarsi solo che rimanga unita e compatta fino all’ultimo. La dichiarazione con cui Berlusconi dice che per il Quirinale farà una sa scelta insieme agli altri leader dl centrodestra, senza fughe in avanti, lascia ben sperare e soprattutto è un giusto comportamento rispetto a chi, fino alla dichiarazione finale di ieri, ha appoggiato le sue legittime ambizioni. Intanto, però il suo sigillo lo ha messo ed è difficile che Matteo Salvini e Giorgia Meloni lo contraddicano: no a Mario Draghi.
E siamo così alla indubitabile vittoria politica di Berlusconi, che è non solo è ritornato al centro della scena politica, bloccando le mosse di amici e avversari per più di un mese, ma si è posto nella condizione di dettare le sue regole e impallinando il candidato più accreditato. A questo punto Draghi non salirà al Colle, almeno che Salvini e Meloni non compiano il “parricidio”. In politica tutto è possibile, ma tutto ha anche un prezzo. Forse per chi vuole Draghi al Quirinale e per certa sinistra sarebbe troppo alto da pagare.
Corrado Ocone, 23 gennaio 2022