Nell’Italia retorica e melodrammatica, dopo 80 anni di Costituzione e di relativi appelli dall’articolo 49 alle leggi Scelba e Mancino, alle dotte pisciate opinionistiche di venerati maestri tutti in scia all’antifascismo militante, nessuno è ancora riuscito a stabilire in cosa starebbe precisamente questo spauracchio del fascismo a tout prix e a maggior ragione la consistenza, il recinto dell’antifascismo democratico. Le risposte escono, quando escono, come purgate, vaghe, per il terrore di apparire reazionari e così non basta mai, non ci si ferma mai, l’antifascismo è la madre di tutti i woke. Una buona risposta alla domanda che non si pone, che non è educato formulare, può essere desunta dalle esponenti della sinistra radicale all’Unione Europea, questa entità indefinita della quale è stato detto: “Serve a non risolvere i problemi di 27 Paesi che senza di essa non li avrebbero avuti”.
Dice Carola Rackete, ex commodora dei clandestini: “Gli antifascisti vanno tutelati”. Gli antifascisti o quelli che ci marciano? Hanno di loro stessi una concezione da WWF, da specie in estinzione, da specie protetta, ma è una eventualità improbabile per la semplicissima ragione che questo antifascismo berciante e ipocrita garantisce carriere e impunità, anche se loro preferiscono chiamarla immunità. Si riferisce, l’ammiraglia tedesca antifascisticamente, alla compagna e collega Ilaria Salis – anche noi abbiamo i nostri capolavori, che vi credete? La quale è comprensibilmente atterrita all’idea di perdere la franchigia istituzionale. E lo è per due ottime ragioni, la prima che rischia di tornare in una galera ungherese a farsi fino a 24 anni per tentato omicidio, la seconda, forse ancora più spaventosa, dover rinunciare a migliaia e migliaia di euro in un quinquennio di legislatura dove Ilaler ha subito cominciato a dar spettacolo da par suo. Occupata Bruxelles, hic manebimus optime, e dalle torto.
Carola per Ilaria, Ilaria per antifà, antifà per la diaria, la diaria per due vecchie ragazze mai cresciute, mai risolte, sempre annoiate, sempre viziate. È chiaro che queste marciano a racketate, una teorizza le occupazioni come soluzione al problema abitativo, l’altra invoca licenza di delinquere in nome dell’antifascismo che dovrebbe coprire tutto “fino al delirio schizoide incluso”, come diceva Carlo Verdone. Dove stanno i limiti, dove la legalità della responsabilità, la vecchia, ma non ancora abrogata, legge uguale per tutti? Sono considerazioni più che ovvie, più che elementari, lo sappiamo, anche patetiche se volete, ma vanno pur contemplate se si vogliono dimostrare nella loro insostenibilità. Sono i capricci di bambine viziate di 40 anni: una ha cercato di colare a picco un natante militare italiano, l’altra è accusata di una spedizione punitiva a colpi di spranga o martello che per poco non finiva in omicidio; senza contare i radiosi precedenti: tutto questo va lasciato fare, lasciato passare in nome dell’antifascismo? Esattamente come il woke attuale, questo antifascismo del secolo scorso è servito, serve tuttora a premiare la sovversione, a nobilitarla con ragionamenti peggio che pretestuosi, con argomenti penosi. Come quel professorino che diceva: pestare i nazisti è giusto e doveroso. Senza precisare chi fossero i nazisti ovvero tutti quelli che non vanno giù all’antifascismo arrivistico. Col bell’effetto che storicamente non si è mai dato un incontro, un confronto, una assemblea di ultracomunisti che non fisse a mazzate in un turbinare di accuse reciproche di fascismo.
Dove arriva quel cespuglio nero da limitare, da arginare in una società italiana in cui la pregiudiziale antifascista è servita a emarginare l’impossibile in modo da rafforzare un potere ideologico, culturale, affaristico reticolare? Ancora oggi, che perfino gli eredi della destra retriva imbarcano i dannati della sinistra impresentabile? Che adottano gli stilemi di pensiero e di lingua della sinistra egemone? Il circolo Arci di viale Pasubio a Milano organizza un incontro in memoria del capo di Hamas, con due che si definiscono “bimbe di Sinwar”, tra loro una esaltata che alla notizia della sua soppressione si è filmata mentre piange a dirotto: tanto in nome dell’antifascismo che vorrebbe esportare Hamas da noi; questo è ancora antifascismo del genere democratico o una miseria umana e politica difficilmente tollerabile? Dove starebbe l’antifascismo di certe miracolate, nel puntare una motovedetta della Finanza? Nell’occupare le case dei poveri, nei metodi violenti, da bambine violente, salvo frignare al regime autoritario? Eppure ne vengono premiate. Ma quando il mondo si è svegliato davvero sotto un regime peggio che autoritario, sotto un vento concentrazionario, nessuna di loro, non uno di questi antifà in carriera protestava, anzi difendevano lo status quo.
Ecco cosa significa antifascismo, una volta per tutte: farla franca, poter, dire e disdire, fare e disfare tutto ciò che si vuole, dettar legge in nome dell’illegalità moralistica e affaristica. “Orbán vuole che venga tolta l’immunità a Ilaria Salis. Se avrà successo, il nostro collega del gruppo dovrà affrontare un caso giudiziario che non sarebbe giusto. L’Ungheria non è uno Stato costituzionale ed esercita la giustizia politica contro gli antifascisti. Anche l’attivista tedesca Maja T. è ancora detenuta a Budapest nelle condizioni più avverse. Chiediamo il rimpatrio di Maja T. e la preservazione dell’immunità di Ilaria! Siamo solidali con tutti gli antifascisti”. Questa Maja T è un caso speculare a quello di Ilaria Salis, come lei coinvolta in pestaggi violentissimi di cittadini ungheresi. L’antifascismo degli antifascisti è in due parole questo: dire che loro non sono come gli altri, hanno maggiori diritti, hanno totale libertà all’occorrenza di delinquere, di stravolgere, a maggior ragione se usciti dalla plebe e determinati a sfruttare tutti i privilegi “che la mia condizione mi dà”.
La pretesa delirante di Rackete, totale impunità alla compagna Salis dentro The Left, sorta di centro sociale in seno al falansterio europeo, che alla bisogna lo noleggia, fa paura o esasperazione come la fanno i matti, ma ha una sua logica. Ignobile, rozza, ma calibrata. “Pro domo”, al prezzo del grottesco.
Max Del Papa, 25 ottobre 2024
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