Il problema di Virginia Raggi è Virginia Raggi. E, come ammoniva il gigante Benedetto Croce, l’onestà politica non è altro che la capacità politica. Prima lo stesso Movimento 5 Stelle se ne renderà conto, e meglio sarà: sia per Roma, ormai in ginocchio, sia per un partito che è già in crisi, e a cui il palese fallimento del Campidoglio rischia di dare il colpo di grazia.
Nei giorni scorsi, un sondaggio ha impietosamente certificato il dissenso verso il sindaco della Capitale da parte del 72% dei romani. Nelle residue trincee mediatiche dove si difende l’indifendibile (nella fattispecie: la performance amministrativa della Raggi), molto viene spiegato in termini di ostilità di palazzinari, gruppi editoriali, e gruppi editoriali in mano ai palazzinari. Ma ormai a queste “spiegazioni” non crede più nessuno, forse nemmeno chi le avanza.
In questo mese di giugno, si sono “festeggiati” i tre anni dell’amministrazione grillina. Tre anni, trentasei mesi: un tempo enorme. Per carità. Nessuno nega che i problemi di Roma fossero e siano antichi, nessuno nega le prove deludenti e le eredità avvelenate lasciate dalle vecchie giunte (sinistre e destre). E quindi nessuno pretendeva che, con un colpo di bacchetta magica, i problemi venissero risolti dalla nuova amministrazione.
Ma, con la stessa franchezza, una giunta così incapace non s’era mai vista. E la città appare letteralmente abbandonata a sé stessa. Trasporto pubblico al collasso: con attese dei bus che il periodo estivo rende ancora più snervanti e impraticabili. Strade ridotte come dopo un bombardamento. Raccolta dei rifiuti ormai divenuta un mistero doloroso, con strade e quartieri ridotti a discariche a cielo aperto.
Il declino è diventato degrado. La sensazione – specie nelle ore serali e notturne – è quella di un territorio del tutto non presidiato, buio, abbandonato a sé stesso, e a nuovi circuiti criminali in via di riorganizzazione.
Non resta che una via, forse la più dignitosa: il sindaco getti la spugna. E si usi il tempo dell’inevitabile gestione commissariale non per la solita campagna elettorale, ma per un’autentica gara di idee, in cui i nuovi candidati arrivino con proposte precise e programmi realizzabili su poche cose precise: trasporti, strade, rifiuti, sicurezza, tasse e spese comunali.
Daniele Capezzone, 24 giugno 2019