Cultura, tv e spettacoli

Rampini spiega come fermare la Cina - Seconda parte

Sennonché, parlare di “eurocentrismo che condiziona i nostri testi scolastici” mi sembra una concessione alla retorica arcobaleno. Di cosa dovrebbero occuparsi i testi di storia se non dei nostri antenati, delle vicende storiche e culturali che hanno costituito la nostra identità etico-sociale – dall’Egitto alla civiltà greco-romana, dalla tradizione giudeo-cristiana al Rinascimento, all’Illuminismo, dalle rivoluzioni scientifiche esplose nell’Europa moderna ai fondamenti della democrazia liberale? Non è la quantità l’oggetto della ricostruzione storica ma la qualità: quei mutamenti che dalla crisi degli imperi antichi e medievali hanno portato alle nazioni moderne con le loro luci e le loro ombre. I trecento caduti delle Termopili sono nulla a confronto delle centinaia di migliaia di morti causati dalle guerre tra le grandi potenze asiatiche ma, come insegna Max Weber, le guerre persiane hanno per noi un “significato” che è difficile sottovalutare, in quanto la sconfitta degli Achemenidi ha comportato la fioritura delle poleis elleniche, la democrazia degli antichi, l’insegnamento di Socrate e dei Sofisti, le tragedie greche, l’arte di Fidia etc. etc.

Le civiltà inca o azteca non hanno avuto alcuna incidenza sui «padri fondatori degli Stati Uniti», che «nello scrivere la più antica Costituzione liberaldemocratica (1787) saccheggiarono la saggezza dei greci e dei romani» e, pertanto, che senso ha un manuale di storia che, come gli atlantini universali Garzanti, ci informi che mentre in Europa si stipulava la Pace di Costanza, in India o in Cina avveniva questo o quello?

Certo se in uno Stato ci sono forti minoranze etno-culturali ispano-americane o se una potenza, come gli Stati Uniti, deve confrontarsi con un rivale come la Cina, sarebbe utile che nei programmi scolastici, accanto alla storia tradizionale, comparissero materie come ‘Civiltà dell’America precolombiana’ o ‘Storia della Cina’. Conoscersi è un dovere ma una storiografia melting pot non servirebbe a nessuno. Ma forse Rampini è d’accordo.

Dino Cofrancesco, 19 novembre 2021

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