Ramy, nessuno pensa al carabiniere. E parte la raccolta fondi

Sinistra in piazza con gli amici del 19enne, tutti zitti sul militare indagato. Ma nessuno si sorprende

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Carabinieri milano

Da giorni non si parla d’altro che del Corvetto, la zona di Milano messa a ferro e fuoco da un gruppo di malintenzionati –  come accade di frequente nelle banlieue parigine – per la morte di Ramy Elgaml, il 19enne deceduto a bordo di uno scooter durante un inseguimento con i carabinieri. Una scomparsa che non è stata accettata dagli amici del giovane e che è stata cavalcata dai soliti violenti, come testimoniato da assalti a mezzi pubblici, incendi di cassonetti o di estintori per strada, petardi e fumogeni lanciati contro i poliziotti in assetto anti sommossa.

Riflettori accesi esclusivamente su Ramy, dunque: sul dolore degli amici, sulla famiglia affranta e invitata in Comune da Beppe Sala, sulle cause della tragedia. Ma chi pensa invece al carabiniere che era alla guida della macchina di servizio, finito nel registro degli indagati? La risposta, purtroppo, la conosciamo tutti: poche, pochissime persone.

Sicuramente non il Partito Democratico e la sinistra in generale. Come spesso capita, i compagni non hanno espresso vicinanza al vice brigadiere finito tra gli indagati. Anzi, i dem hanno rilanciato: la consigliera Carmela Rozza ha annunciato di voler partecipare alla manifestazione “pacifica e autorizzata” con gli amici di Ramy. Una presenza che sembra quasi voler dare per buona l’ipotesi che il militare abbia volontariamente speronato lo scooter dei due giovani. Robe da matti.

Tutti a riempirsi la bocca, a elogiare le forze dell’ordine come punto di riferimento per il rispetto della legalità, di eroi ed eroine. Poi, quando c’è da manifestare vicinanza a un agente indagato, spariscono tutti a sinistra. E parliamo di un agente che ha semplicemente fatto il suo dovere: anziché lasciare sfrecciare due ragazzi senza casco e patente in contromano per le vie di Milano, dopo aver saltato un posto di blocco, ha preferito provare ad assicurarli alla giustizia. Rischiando, come sempre, la vita. Rischiando di non vedere più i suoi figli piccoli. Tutto per l’amore per l’Arma dei Carabinieri e per lo Stato, che serve da ormai vent’anni. Senza dimenticare che nelle tasche del ragazzo rimasto ferito ma ancora in vita, sono stati trovati spray al peperoncino, catenina d’oro strappata e mille euro in contanti.

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Perché la sinistra non scende in piazza anche per il carabiniere? Perché consiglieri e vertici dem non mandano un messaggio all’agente 37enne, che sta affrontando il periodo più duro della sua vita? Non lo sappiamo. Ciò che sappiamo è che il vice brigadiere si ritrova costretto a pagare un avvocato per difendersi, per quanto l’iscrizione al registro degli indagati venga definita dall’autorità giudiziaria come un “atto dovuto”. Fortunatamente parte della politica – il centrodestra – ha manifestato solidarietà e sostegno. Il deputato di Fratelli d’Italia, Riccardo De Corato, ha annunciato che presenterà una interrogazione parlamentare al Guardasigilli per sapere per quale motivo è stato indagato. Ma non solo.

Il vice brigadiere può infatti contare sulla vicinanza concreta di molti colleghi, alcuni dei quali (Ilario Castello e Pasquale Griesi) hanno lanciato una raccolta fondi su Go Fund Me per supportarlo nel sostenimento delle spese legali per il procedimento che si è instaurato nei suoi confronti, e la sua famiglia nel sostentamento basilare nelle spese quotidiane, anche dei figli piccoli. Nel giro di poco più di un’ora è stata raggiunta quota 1.500 euro: nonostante il silenzio di molti, il carabiniere non è solo.

Franco Lodige, 28 novembre 2024

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