Esclusiva

Ramy, spunta un manuale sull’inseguimento. Cosa dicono le tecniche operative?

Il nuovo video sui fatti di Corvetto rinfocola la polemica contro i carabinieri. Ma il filmato non dà certezze che vi sia stato l’impatto. Le istruzioni nel vecchio dossier

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Sul nuovo video dell’inseguimento di Ramy Elgaml e Fares Bouzidi a Milano, costato la vita al 19enne di origini egiziane, si è già detto tutto e il contrario di tutto. O meglio: si sono osservate quelle immagini, mandate in onda dal Tg3 e dal Tg di La7, dando per scontato due cose: primo, che il filmato “certifichi” che vi sia stato un contatto tra la gazzella dei carabinieri e il Tmax; secondo, che i militari volessero speronare con violenza lo scooter tanto da farlo cadere e che lo abbiano fatto utilizzando tecniche operative “sbagliate”.

Le tecniche operative per l’inseguimento

Partiamo dalla critica sull’intervento dei militari. Ieri Franco Gabrielli, ex gran capo della polizia, è stato laconico: “Quella non è la modalità corretta con cui si conduce un inseguimento” perché “se il tema è fermare una persona che sta scappando, non posso metterla in una condizione di pericolo” e comunque “c’è pur sempre una targa” da controllare da remoto.

Intanto vanno chiariti alcuni dettagli. Noi oggi sappiamo che a bordo dello scooter c’erano due ragazzi poco più che maggiorenni, con “solo” mille euro in tasca, spaventati dalla possibilità di essere pizzicati senza patente alla guida. Oggi. Ma in quel momento i carabinieri non ne sono a conoscenza: loro affrontano due soggetti non identificati, coperti dai caschi, la cui nazionalità è ovviamente sconosciuta (chi parla di profilazione razziale dice scemenze) e che non si sono fermati ad un banale controllo. In più, una volta iniziato l’inseguimento, continuano la fuga per 8 chilometri a velocità sostenuta, prendendo strade contromano e rischiando di ammazzare qualcuno. Neppure le sirene, i lampeggianti e i primi impatti con una delle tre gazzelle li fa desistere.

Domandatevi: voi avreste mai proseguito una fuga del genere solo per aver salva la patente? C’erano o no i presupposti per immaginare che in sella allo scooter ci fossero due soggetti non proprio raccomandabili? E se fossero stati due latitanti? Basti pensare che se oggi Anis Amri, il jihadista di Berlino, non è libero di circolare e uccidere altre persone lo si deve ad un simile “banale” controllo di polizia a Sesto San Giovanni.

Tutto sarebbe più facilmente valutabile se vi fossero delle indicazioni precise su come realizzare un inseguimento. Piccolo problema: non esiste un elenco dettagliato di cosa fare e non fare, spiegano a nicolaporro.it diverse fonti di polizia. Nessuna regola di ingaggio scritta, a parte qualche circolare: bisogna far desistere il fuggitivo dal comportamento pericoloso, comunicando la posizione ai colleghi e alla centrale, evitando collisioni e pericoli per gli utenti della strada, cercando di impostare posti di blocco che lo costringano a fermarsi. Siamo però riusciti a recuperare in esclusiva alcune pagine di un vecchio manuale redatto anni fa dal ministero dell’Interno e fornito agli agenti durante l’addestramento. Si intitola: “La guida dei veicoli in servizio di polizia”. È molto utile per inserire nella giusta cornice anche quelle frasi (“Non è caduto, peccato”) che tanta indignazione stanno sollevando. Scriveva infatti il Viminale che “la guida in velocità per un agente è una condizione particolare” perché si trova “sotto tensione” e focalizzato a portare a termine la missione. In caso di inseguimento, si legge, l’importante è restare abbastanza vicini (tra 10 e 20 metri massimo, come peraltro fanno i carabinieri lungo le vie di Milano) facendo attenzione “a non rimanere troppo incollati perché un improvviso cambio di direzione dell’altra vettura potrebbe cogliervi impreparati”. E per fermarli? Semplice: “Ricordatevi che mentre la vettura che vi precede curva, la parte più interna della sua coda è il punto più vulnerabile: basta un colpetto per farle perdere il controllo e mandarla testa coda”. Le immagini all’interno mostrano come fare e la foto ricorda molto da vicino la dinamica di Corvetto.

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Direte: sì ma quelli fuggivano in scooter, mica in auto. Verissimo. Il “manuale” parla anche di questo e non esclude a priori che lo speronamento possa essere una soluzione da adottare per fermare i malviventi in sella ad una moto. Il testo prende in analisi un inseguimento tra due mezzi a due ruote, ma poco cambia: “Se si insegue un motociclista – si legge – va ricordato che non è agevole fermarlo”, soprattutto ad alta velocità. “In teoria, l’unico sistema possibile è quello di raggiungerlo e cercare di ottenerne la caduta dando un colpo con il piede sulla parte posteriore del motociclo”. Piccolo problema: “Il risultato non è garantito ed è comunque da evitare questo tipo di intervento cruento che mette a repentaglio la vita di entrambi i motociclisti: si potrebbe ricorrervi solo per fatti eccezionalissimi e tali da giustificarlo sia dal punto di vista giuridico che operativo”. Domanda: ipotizzando che lo speronamento di Corvetto ci sia stato (e non è detto), una lunga fuga di 8 chilometri a folle velocità rientra tra “i fatti eccezionalissimi”? Difficile dirlo. Sarà la magistratura a stabilirlo. Ma i video delle dashcam mostrano anche che in occasione del primo contatto tra scooter e carabinieri in via Lovanio, la gazzella non lo colpisce da dietro con quel tipo di speronamento rischioso “da manuale” ma sembra frenare per ridurre la forza dell’impatto.

A quanto ci risulta, oggi nelle scuole di polizia il testo non è più in vigore e tutto viene fatto su supporti multimediali. Eppure le informazioni fornite non sarebbero dissimili da queste. A voce, tuttavia, gli istruttori sconsiglierebbero vivamente di mettere in atto ogni inseguimento. La domanda allora è: come fermiamo i malviventi o presunti tali? Li lasciamo scappare? Lasciamo che Anis Amri se la svigni per le vie di Sesto San Giovanni? Gabrielli ci illumini: lui, come li avrebbe fermati?

Il momento del primo scontro tra una gazzella e lo scooter con Ramy e Fares.

Il nuovo video dell’inseguimento

Se avete ancora un po’ di pazienza, arriviamo allora all’analisi del nuovo, discusso, video delle telecamere. I servizi dei telegiornali parlavano di un “clamoroso filmato” sugli ultimi istanti di vita di Ramy con “il tamponamento evidente” tra l’auto dei carabinieri e lo scooter. Peccato, tuttavia, che questa “evidenza” al momento non ci sia. Può esserci il ragionevole dubbio. L’ipotesi. Sembra che. Ma nessuna certezza. Anzi. A dire il vero quei filmati sono allegati ad una relazione tecnica degli esperti della Polizia Locale che sementiscono per iscritto che all’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta vi sia stato un contatto tra i due mezzi. Lo abbiamo spiegato dettagliatamente qui. E oggi anche il Corriere, forse con un briciolo di ritardo visto che era in possesso di quella relazione da settimane, lo scrive chiaramente allegando un interessante grafico che rende anche più flebile l’ipotesi, circolata nelle scorse ore, che i pm possano trasformare l’accusa contro il vicebrigadiere alla guida da “omicidio stradale” a “omicidio volontario con dolo eventuale” (come chiesto dai legali di Fares). Cosa diceva la relazione dei vigili allegata al “Fascicolo di ricostruzione dinamica”? Che l’impatto tra i due mezzi avviene prima che questi entrino nel raggio delle due telecamere che riprenderanno la scena: quando lo scooter tenta di svoltare a sinistra, infatti, ci sarebbe della “luce” tra il retro del TMax e la targa della gazzella. Ed è qui che, per motivi ancora sconosciuti, forse il fondo bagnato, forse la frenata, Fares “perde l’assetto di marcia” e inizia a cadere (“come testimoniano i primi segni lasciati sull’asfalto dalle carene della moto”). Da qui la decisione della Polizia Locale di escludere la relazione di causa-effetto tra la caduta e un possibile speronamento.

Certo: occorre considerare due fattori. Primo: la polizia locale potrebbe aver sbagliato a valutare i video e i segni lasciati sull’asfalto, tutto è possibile. Secondo: sia Fares che un testimone assicurano di aver visto/sentito il contatto tra gazzella e T-Max. “Vedevo questi mezzi percorrere via Ripamonti ad una velocità inaudita – ha messo a verbale il teste – Arrivati all’incrocio la moto ha inchiodato, l’auto era vicinissima, ho sentito le gomme dell’auto fischiare sui binari e ho sentito la collisione”. Insomma: secondo il giovane, il carabiniere alla guida non avrebbe avuto “la prontezza di frenare subito” quindi “l’auto con l’anteriore destro ha tamponato il posteriore sinistro dello scooter”. Chi ha ragione? Polizia Locale o testimone? Per capirlo occorrerà attendere l’esito della consulenza cinematica affidata dalla procura ad un esperto, ma no: le immagini dei nuovi video non chiariscono granché.

Giuseppe De Lorenzo, 10 gennaio 2024

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