Cronaca

“Ramy vive, dovete pagarla”. Bombe contro la caserma: l’assalto choc ai carabinieri

Torino come il Far West: bombe carta contro una caserma. Poi le minacce alle forze dell’ordine: “Dovete pagarla”

corteo Ramy Torino

Da giorni, da settimane è in atto una campagna contro le forze dell’ordine per la morte di Ramy Elgaml, il giovane morto lo scorso 24 novembre al Corvetto, a Milano, al termine di un inseguimento durato otto chilometri per le vie del centro città. I video della tragedia hanno spinto i soliti noti a puntare il dito contro gli agenti – sotto indagine – rei di non aver lasciato scappare i due ragazzi, che in precedenza avevano forzato un posto di blocco, non rispettando l’alt. Ma come ben sappiamo queste campagne spesso si trasformano in violenza e quanto accaduto ieri sera a Torino ne è l’ennesima testimonianza.

Ieri sera il centro città è stato trasformato nel Far West. Alcuni antagonisti presenti al corteo organizzato dal Collettivo universitario autonomo hanno lanciato bombe carta contro una caserma dei carabinieri e un commissariato di polizia. Non paghi, i violenti hanno attaccato le forze dell’ordine, lanciando contro di loro delle bottiglie di vetro. La caserma presa di mira è stata la Bergia di Piazza Carlina: oltre alle bombe carta, petardi, fumogeni e bottiglie contro i militari dell’Arma schierati a protezione dell’edificio.

Assassini” è l’accusa rivolta ai carabinieri, ma non sono mancate le minacce. Dopo aver imbrattato il commissariato Dora Vanchiglia con vernice rossa e uova, alcuni manifestanti hanno avvisato le forze dell’ordine: “Siamo qui per prenderci la nostra vendetta”. E ancora, come riportato dal Corriere: “Siamo pronti a farvela pagare”. Intimidazioni chiare, limpide, senza margini di interpretazione. Che ovviamente nulla hanno a che fare con il sacrosanto diritto di manifestare.

Qualcuno deve porsi delle domande. Se la famiglia di Ramy merita ancora una volta un plauso per l’atteggiamento sempre moderato, ci sono altre componenti pronte a sfruttare questo dramma per attaccare le forze dell’ordine. Polizia e carabinieri sono sempre più bersagli di odio e di rabbia, donne e uomini in divisa che ogni giorno rischiano la vita costretti a dover fare i conti con i violenti di turno. E se rispondono agli attacchi rischiano pure di finire a processo perché questo o quel solone di sinistra avvia una campagna denigratoria per difendere i malintenzionati.

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Il riferimento è a coloro che hanno già virtualmente condannato i carabinieri, che dopo la pubblicazione dell’ultimo video hanno preparato in fretta e furia una nota per accusare gli agenti e invocare giustizia per Ramy. Sia chiaro: la magistratura svolgerà la propria funzione e farà tutte le verifiche necessarie. Ma solo i giudici hanno la facoltà di condannare o assolvere, non politici, intellettuali e compagnia cantante. Nelle ultime ore abbiamo assistito all’ennesima folata di odio contro i militari. Offensive forse legittimate da certe esternazioni: pensiamo a quanto affermato da Franco Gabrielli: “Se il tema è fermare una persona che sta scappando, non posso metterla in una condizione di pericolo. È ovvio che quella non è la modalità corretta con cui si conduce un inseguimento perché c’è pur sempre una targa, un veicolo”. Era il caso? Soprattutto considerando che stiamo parlando dell’ex capo della Polizia e non del primo miracolato-parlamentare appena uscito da un centro sociale?

Quanto accaduto a Torino è vergognoso e devono essere messi in campo tutti gli strumenti per evitare pericolose repliche. Manifestare per chiedere giustizia per Ramy è assolutamente lecito, ma da qui alla guerriglia ce ne passa.

Franco Lodige, 10 gennaio 2025

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