Razzi sulla base Unifil, feriti 4 soldati italiani

Le prime ricostruzioni parlano di proiettili lanciati da Hezbollah. I militari colpiti dalle schegge di vetro

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Unifil-hezbollah

Non si placa il clima di tensione tra Israele e Hezbollah, che ha raggiunto nuovi picchi e che sempre più spesso finisce col coinvolgere anche le forze internazionali dispiegate in Libano. Oggi una base della missione Unifil, che si avvale della presenza di militari provenienti da svariati Paesi, tra cui quelli italiani, è stata teatro di attacchi che hanno visto il ferimento di quattro nostri soldati.

Attacco alla base Unifil

La base di Shama dell’Unifil, situata nel sud del Libano, è stata presa di mira da diversi razzi, che si ritiene siano stati lanciati dal Partito di Dio libanese. “Dovrebbero essere due missili lanciati da Hezbollah, è inaccettabile quello che sta accadendo”, ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani. L’assalto ha provocato il ferimento di quattro militari italiani, colpiti dalle schegge di vetro e da pietrisco: “Non ci sono feriti gravi, parliamo di escoriazioni – ha spiegato il titolare della Farnesina – Pare che un luogotenente abbia delle ferite leggere“.

Questi incidenti si aggiungono ad un contesto di già elevata tensione. Diverse voci di protesta internazionale, anche del governo italiano, si erano levate in passato quando a colpire le torrette di osservazione dell’Onu erano state le forze militari israeliane. Poi martedì 19 novembre ben otto razzi della milizia sciita da 107 millimetri avevano raggiunto sempre la base di Shama, la stessa colpita oggi, provocando il ferimento di cinque militari appartenenti alla forza multinazionale dell’Onu. E adesso un nuovo attacco, stavolta con alcuni soldati italiani cooinvolti: sul posto sono stati trovati frammenti di un proiettile da 122 millimetri che non è in uso all’esercito israeliano. Le indagini volte a chiarire le circostanze di questi attacchi sono comunque in corso.

L’ira della Meloni

“Apprendo con profonda indignazione e preoccupazione la notizia dei nuovi attacchi subiti dal quartier generale italiano di Unifil nel sud del Libano, che hanno causato anche il ferimento di alcuni nostri militari impegnati in missione di pace. Desidero esprimere la solidarietà e la vicinanza mia e del Governo ai feriti, alle loro famiglie e sincera gratitudine per l’attività svolta quotidianamente da tutto il contingente italiano in Libano”, ha detto Giorgia Meloni. “Ribadisco ancora una volta che tali attacchi sono inaccettabili e rinnovo il mio appello affinché le parti sul terreno garantiscano, in ogni momento, la sicurezza dei soldati di Unifil e collaborino per individuare in tempi brevi i responsabili“.

La guerra in Libano

In parallelo, Israele ha annunciato l’evacuazione di residenti in diverse zone del sud del Libano e della periferia di Beirut, citando minacce dirette di attacchi contro villaggi e città nelle aree designate. La decisione è stata comunicata dal portavoce militare israeliano Avichay Adraee ed è indicativa della strategia di Israele di impedire l’uso di queste aree come basi per lanci missilistici da parte di Hezbollah contro il territorio israeliano.

A questo proposito, le Forze di difesa israeliane hanno dichiarato di aver distrutto circa 45 lanciarazzi di Hezbollah in seguito a attacchi aerei mirati. Queste operazioni sono state definite come misure preventive, volte a scongiurare minacce imminenti e a lungo termine verso Israele. Stando a quanto riportato dal Times of Israel, alcuni di questi lanciarazzi erano stati già utilizzati per attacchi missilistici precedenti, mentre altri erano pronti per essere impiegati in azioni militari future.

Il mandato di arresto per Netanyahu

Intanto il mondo si interroga su come muoversi dopo il mandato di arresto spiccato dalla Corte Penale Internazionale ai danni di Netanyahu e dell’ex ministro Gallant. Se ieri il ministro Guido Crosetto aveva spiegato che, in caso di viaggio in Italia del premier israeliano, pur ritenendo errata la sentenza, il governo avrebbe dovuto far scattare le manette, oggi Salvini ha ribadito che per la Lega Bibi è sempre “il benvenuto” perché “i criminali di guerra sono altri”. Della stessa idea anche Viktor Orban (che ha già invitato il leader di Tel Aviv a Budapest) e Biden (che  considera “scandalosa” la richiesta della Corte). La Germania invece temporeggia e “valuta” le conseguenze dei mandati di cattura della Cpi, mentre l’Olanda, la Slovenia, Cipro e l’Irlanda sono pronti a catturare Bibi. Il che, al netto delle proteste di Tel Aviv, rende comunque limitata la possibilità di movimento internazionale del premier israeliano.

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