Razzi sull’Iran, cosa c’entrano Israele e l’Ucraina

Esplosioni in un deposito di missili balistici. Il Wall Street Journal: attacco di Israele con i droni

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Solo la Russia e la Cina hanno missili di manovra che viaggiano ad almeno cinque volte la velocità del suono, e questo è un dato di fatto che non può essere messo in discussione. Gli stessi Stati Uniti non sono in possesso di armi di questo tipo, e il Pentagono, al fine di chiudere immediatamente questo divario, ha recentemente dato una forte accelerata nella ricerca stanziando fonti importanti con importi che, almeno per il momento, sono tenuti accuratamente riservati.

Questa premessa serve per capire che, se guardato a sé stante, il bombardamento della scorsa notte in Iran potrebbe sembrare solo uno dei capitoli della guerra a bassa intensità che Teheran e Gerusalemme stanno conducendo da ormai troppo tempo, con da una parte il regime degli Ayatollah alla continua ricerca dell’arma atomica e del vettore per poterla usare e, dall’altra, lo Stato Ebraico che da sempre è nel mirino della potenza sciita e che in questi anni ha fatto di tutto per rallentare questa corsa. La dinamica dell’operazione lascia credere che dietro le quinte ci sia una preparazione che non ha lasciato nulla al caso. Gli stessi iraniani hanno dichiarato che le strutture attaccate a Isfahan erano fabbriche di munizioni senza specificarne il tipo e la natura. Fonti del regime iraniano hanno inoltre affermato che l’attacco è stato effettuato utilizzando grossi droni quadrocotteri (a quattro pale) che riescono a trasportare un’importante quantità di esplosivo, che sono dotati di telecamera e sensori di navigazione e che riescono a colpire l’obbiettivo con grande precisione. Gli obbiettivi colpiti si trovano in profondità nel territorio della Repubblica Islamica, a centinaia di chilometri dalle rive del Golfo Persico, dal Mar Caspio e dai confini con i paesi vicini.

Questo particolare, oltre a far sospettare che questi droni siano stati lanciati dall’interno dell’Iran, dà anche la misura di come i servizi segreti israeliani riescano, anche grazie ad alleanze interne che vogliono sbarazzarsi del regime teocratico, a muoversi all’interno della Repubblica Islamica. Quello che è successo a Isfahan è quasi sicuramente il frutto del cambiamento di scenario dovuto a nuove alleanze, o al rafforzamento di quelle vecchie, che si è verificato da quando la Russia si è impantanata nella sua ‘Operazione Speciale’ in Ucraina. La guerra di aggressione che Mosca ha scatenato nei confronti di Kiev, che nelle intenzioni dei vertici militari russi sarebbe dovuta durare poche settimane, da un anno non conosce sosta, con migliaia di morti sia da una parte che dall’altra. E la cosa ancora più grave è il muro contro muro che non permette di pensare a un cessate il fuoco emeno che mai, alla possibilità di organizzare un tavolo di trattative fra le parti. Questa premessa è necessaria se si vuole capire cosa è successo a Isfahan la scorsa notte, il nesso fra il bombardamento con droni, quale può essere l’importanza nello scacchiere internazionale e, soprattutto, quali segreti, vecchi e nuovi, ha scoperchiato l’esplosione nella fabbrica di missili situata nella periferia della città iraniana.

In passato, nonostante le pressioni americane che volevano un più intenso coinvolgimento di Israele al fianco dell’Ucraina, il governo di Gerusalemme si è sempre rifiutato, scatenando anche le ire funeste del Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, di fornire armamenti all’Ucraina e gli aiuti israeliani si sono sempre limitati ad essere umanitari nei confronti della popolazione civile. Da Israele, infatti, sono partite alla volta di Kiev solo alcune ambulanze blindate che possono viaggiare anche sullo sterrato e un paio di carichi di elmetti per le truppe al fronte. Nulla che potesse essere usato contro l’esercito russo. Questo atteggiamento era il frutto di un tacito accordo di non aggressione fra Mosca e Gerusalemme, accordo e coordinamento che si era creato all’indomani della presenza russa in Siria.

Da una parte Israele non può, e non poteva, rimanere inerme davanti alle continue forniture di armi iraniane a Hezbollah, forniture che hanno sempre avuto come HUB l’aeroporto di Damasco, dall’altra non poteva correre il rischio di causare danni ai reparti russi schierati intorno alla capitale siriana. Questi accordi, anche se incidenti di percorso ce ne sono stati, fino ad ora hanno retto abbastanza bene, fino ad ora però, perché ciò che ha rivelato il bombardamento di Isfahan rischia di far saltare il fragile accordo. Questo perché, a riferirlo è il Wall Street Journal che cita funzionari statunitensi e fonti a conoscenza dell’operazione, l’attacco con i droni a una delle basi militari nella città di Isfahan sarebbe avvenuto per mano di Israele, con il beneplacito degli Stati Uniti, al fine di contenere le ambizioni nucleari di Teheran.

L’edificio colpito, sempre secondo la testata statunitense, si trova nei pressi dell’Iran Space Research Center, ente già sanzionato dagli Usa per la sua attività legata al programma di missili balistici dell’Iran. All’interno di quell’edificio, sempre secondo fonti americane, potevano essere in corso i preparativi per la messa a punto di una linea di costruzione di missili ipersonici o la produzione era già avviata. Particolare questo che difficilmente verrà alla luce. Che questo tipo di tecnologia sia finita in mani iraniane alza di parecchie tacche l’asticella della tensione mediorientale e mette allo scoperto che il know-how russo in materia di missili ipersonici, capaci di bucare le difese aeree che Israele ha installato a sua protezione proprio da attacchi che potrebbero arrivare da lontano, oltre a far saltare i taciti accordi del passato fra Russia e Israele con conseguenze che potrebbero sia far ulteriormente inasprire le tensioniin corso sia allargarle in modo decisamente pericoloso per gli equilibri internazionali, svela anche con quale moneta il Cremlino stia pagando agli iraniani le sostanziose forniture di droni che vengono utilizzati in Ucraina.

Sempre se fosse confermata la paternità israeliana all’attacco in Iran, quello della scorsa notte sarebbe il primo blitz effettuato da Israele da quando Benjamin Netanyahu, che già in passato aveva autorizzato una serie di audaci operazioni all’interno dell’Iran, è tornato al potere in Israele. E arriva mentre funzionari israeliani e americani stanno valutando su come far fronte alla rinnovata collaborazione fra Teheran con Mosca. Sempre secondo il Wall Street Journal, negli ultimi tempi la cooperazione fra la CIA e il Mossad si è fatta molto più intensa che in passato e William Burns, il direttore dei servizi segreti Usa, sarebbe stato in Israele per discutere questo tipo di operazioni proprio mentre le forze armate Usa e l’esercito israeliano conducevano la più grande esercitazione militare congiunta di sempre. Esercitazione che ha impegnato oltre 7mila militari di entrambi i paesi che hanno eseguito test per verificare la capacità di eliminare le difese aereee affinare i sistemi di rifornimento in volo.

Si è trattato di un’esercitazione, nessuno ne fa mistero, per la preparazione di un ipotetico attacco militare diretto contro le infrastrutture iraniane impegnate nel progetto atomico. Tutto questo mentre a Gerusalemme il governo si sta preparando alla visita del Segretario di Stato Antony Blinken per consolidare i colloqui Usa-Israele sia sull’Iran sia su altre questioni regionali. Considerando la mossa russa in Iran che ha di fatto annullato gli accordi di non aggressione reciproca, è facile prevedere che nelle altre questioni regionali ci sia anche l’Ucraina e un eventuale nuovo atteggiamento israeliano nei confronti di Kiev e della guerra attualmente in corso.

Michael Sfaradi, 31 gennaio 2023

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