E nun m’angoscià. E damme tregua. E lassame vive. E nun me rompe li cojoni. Questo per il pane al pane, vulgo, bettola, adesso saliamo di livello: l’apologo in un libro di Sergio Ricossa sul solidarista che voleva aiutare la sconosciuta fanciulla, non si sa da che, finché quella non se ne ebbe a male. Giustamente. Da cui la morale: la solidarietà è un pericolo. Se volete, volo ancora alto, al mio amico don Vinicio Albanesi che, da presidente della Comunità di Capodarco, diceva degli ospiti con problemi gravi e gravissimi: io sono qua, basta bussare. E noialtri obiettori a servizio civile, giovani teppisti idealisti: però, che stronzo, e sì che fa il prete. Ma il don stava chiuso nella sua stanzetta sino a notte fonda, doveva risolvere il milione di problemi quotidiani di una villa su una collina che già di suo era un casino, figurarsi poi a capo di una federazione di comunità. E macinava duecentomila chilometri l’anno. Noi: prete manager, prete vanitoso e stronzo. Mi ci sono voluti trent’anni e qualche grosso accidente per capire che anche quello era un apologo: se hai bisogno devi essere abbastanza umile da chiedere ed io abbastanza umile da non imporre. Offrire sì ma imporre no, perché altrimenti ti tolgo la dignità fingendo di rendertela.
Questo è ciò che fa la stramaledetta l’ideologia woke, che è il contrario della cultura: è una squallida politica autoritaria, una ideologia repressiva fondata sul compatimento che non lascia margine di autonomia. Il portiere più nero del nero Onana, che all’Inter conoscono bene, para un rigore di Champions contro il Copenaghen e l’amico e collega Garnacho esulta per lui e con lui: con le emoticon del gorilla potente che in segno di vittoria si batte il petto. Apriti cielo politicamente sconnesso: Garnacho rischia la squalifica, forse la carriera e magari la crocifissione in spogliatoio. E non serve che lo stesso Onana lo difenda: niente, non vale, annullato, cartellino rosso. E nun ‘angoscià, nun me rompe li cojoni. Onana ha speso poche sagge parole: “Ma possibile che devono decidere gli altri per cosa mi debbo offendere io?”. Bravo, sette più, anzi otto: ecco il woke demmerda. Decidiamo noi, ti diciamo noi se sei vittima di razzismo; e, di conseguenza, se sei colpevole di razzismo.
Maddechè, aho. E nun me stressà. In casi del genere, si sbandierano alcune entità che non esistono, sono categorie dello spiritoso santo, come diceva Rowan Atkinson in Love Actually: gli algoritmi, le politiche. Le politiche sarebbero: ti diciamo noi come devi pensare. Dietro le politiche non c’è nessuno, ovvero ci sono delle teste di cazzo che escogitano i segni, i codici, i lemmi, le interpunzioni, le punizioni. E restano coperti, poi mandano avanti politicanti da strapazzo e intellettuali da bordello. Gli unici, veri razzisti doc sono loro. Perché sviliscono l’intendimento di chi è concretamente coinvolto nella faccenda: “So perfettamente – ha aggiunto Onana su Instagram – cosa voleva dire Garnacho: forza e potenza”.
Taci tu, che non sai niente, non capisci niente, gli mandano a dire “le politiche”: ed è già tanto che non ci mettono sopra il carico, “sei solo un povero negro”. Di qui non si esce. Perché volendo si può andare più in là: ma io, sarò padrone se voglio di scherzare coi miei amici anche da carogna, di offenderlo, di sfotterlo e farmi sfottere? Ma io, chiarito che ci vogliamo bene come fratelli, anzi più che fratelli, potrò dire a un amico della vita “sei un gorillone” e lui potrà rispondermi “sei una mezzasega”, “sei uno sfigato”, “sei un frocetto”? Cosa c’entrano le politiche? Ma ve volete fa’ li cazzi vostri? Ecco perché va tutto a rovescio, tutto a catafascio. Perché nessuno si fa più gli affari suoi e il primo pirla che crede di aver voce in capitolo si alza, s’inventa un asterisco, una parentesi invertita e dice: d’ora in avanti funziona così.
Le politiche son quella cosa che schiaffano nei social network e, parlo per esperienza diretta, ti censurano siccome hai fatto due libri e li hai messi su Facebook: “Hai violato le politiche, ti sei fatto pubblicità”. Chissà a cosa dovrebbe servire il social se non a questo. Invece Corona che per gli stessi mezzi pubblicità se la fa inventando e diffamando di sana pianta, nessuno lo tocca, nessuno lo rimuove. E adesso pure l’intelligenza artificiale, che è demenza reale e, diradando la fuffa che l’avvolge, serve semplicemente a proiettare la follia dirigista delle “politiche” dai social alle squadre di calcio alle politiche generali alle case private alla coscienza di ciascuno. Prima ti danno i disegnini da usare, poi li usi e ti bloccano, ti multano, ti odiano, ti fanno passare per quello che non sei, ti attribuiscono quello che non hai mai detto, mai pensato, ma senza facoltà prova contraria. Juris et de jure, ha parlato il giudice supremo, l’algoritmo, la politica aziendale. Fossi in Onana, mi sentirei discriminato non da Garnacho ma da chi pretende di difendermi credendomi incapace di discernere. Poi li vai a vedere, tutti questi politicanti aziendali e cosa trovi? Un branco di depravati, come quel cespuglione maleodorante che ha truffato mezzo mondo tra un’orgia e l’altra insieme alla repellente fidanzata, di laidi, di incapaci, di smanettoni disadattati, di debunker (quelli che “mi segnalano” a Facebook per censurarmi i libri). Ma mi faccia il piacere. E su, e nnamo. Ma lasciateci scherzare da amici grandi e la vostra solidarietà arrogante, demente e razzista ficcatevela su come una banana. E non alla maniera del gorilla.
Max Del Papa, 27 ottobre 2023