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Recovery fund, il giallo sull’arrivo dei soldi

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Al netto dei proclami trionfali di Conte e del nostro governo e dei miliardi di euro che arriveranno nelle casse dello stato italiano nei prossimi anni dall’Unione europea, c’è chi vuole vederci chiaro sulle modalità e le condizioni con cui l’Ue erogherà i contributi poiché nulla ci verrà regalato. La trasparenza è un criterio ineludibile nei confronti dei cittadini italiani anche perché i nuovi prestiti indebiteranno ulteriormente i conti pubblici per i decenni a venire e vigilare diventa una priorità.

Prima dell’arrivo delle risorse del Recovery fund, l’Ue ha attivato altre misure tra cui il Sure (acronimo di Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency), uno strumento di sostegno temporaneo (fino al 31 dicembre 2022) per attenuare i rischi della disoccupazione e della crisi economica derivante dal covid. Gli aiuti (l’Italia ha già ottenuto vari miliardi) vengono erogati sotto forma di prestiti concessi dall’Ue agli Stati membri a condizioni favorevoli. La Commissione europea contrae prestiti sui mercati per poi finanziare gli Stati che possono usufruire del buon rating di credito dell’Ue e i bassi costi di finanziamento. Questa la teoria.

Le clausole pratiche dell’accordo però non sono note come denunciano Marco Zanni, presidente del gruppo Identità e Democrazia e Marco Campomenosi, capo delegazione della Lega al Parlamento Europeo: “Altro che trasparenza e correttezza nei riguardi dei cittadini e dei loro rappresentanti eletti: da oltre un mese l’Ue non risponde alla richiesta della Lega di prendere visione dei documenti alla base del fondo Sure. Lo scorso 2 novembre abbiamo presentato un’interrogazione prioritaria alla Commissione Europea per chiedere l’accesso agli atti sul Sure, accordo che riguarda l’Italia nel quale sono indicati i dettagli, le condizioni, i tassi e le modalità di applicazione del fondo.

Nonostante le precise scadenze previste dai regolamenti, ovvero non oltre le tre settimane, l’Ue continua a negarci questi atti, senza valide motivazioni. Non solo: abbiamo anche presentato richiesta di accesso agli atti sul portale dedicato, e anziché i 15 giorni previsti, hanno posticipato la scadenza a oltre due mesi, usando come giustificazione persino le festività natalizie”.

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