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Recovery fund? Un inganno verde

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Che fosse un imbroglio l’ho subodorato subito, quando chiunque dei mammasantissima al potere, ogni volta che apriva bocca per elogiare ‘sto Recovery fund, aggiungeva sùbito la necessità di utilizzarlo per l’economia verde. Così Mattarella, Conte e Zingaretti. Fateci caso la prossima volta che lo nominano. Siccome Recovery sottintende dal Covid e dalle disastrose conseguenze del lockdown, mi son chiesto cosa diavolo ci azzeccasse l’economia verde. No, perché, vedete, il caso del Covid ha fatto emergere una forte debolezza nel sistema sanitario di molti Paesi; un sistema che uno vorrebbe pronto ad affrontare emergenze, cosa che si è dimostrata non valere. Quanto al lockdown, esso ha dato una sonora batosta all’economia di chi lo ha adottato. Per farla breve, uno s’attende che un Recovery fund fosse mirato a 1) riorganizzare il sistema sanitario in modo che in futuro un qualche altro virus o qualche altra emergenza sanitaria non ci cogliesse impreparati e 2) risollevare tutti i colpiti dalla crisi economica.

Perché mai i detti mammasantissima mettono al primo posto la green economy? Come chi mi legge sa, io vedo l’economia verde come il fumo negli occhi. Non perché non me ne frega dell’ambiente, ma proprio perché la cura dell’ambiente è una delle cose che mi stanno a cuore. E la green economy con la cura dell’ambiente non ci azzecca proprio. Sicuramente però – torto o ragione che io abbia sulla green economy – si può tranquillamente concordare che installare parchi eolici e fotovoltaici o sequestrare CO2 (perché questo, e nient’altro, è la green economy) non sposta di un millimetro né le lacune sanitarie né la crisi economica patita da chi l’ha patita come conseguenza, diretta o indiretta, del virus. E allora? Allora, sono andato alle origini, e il fatto è che nel testo del Recovery Fund si legge, scolpito come una mazzata che modella il marmo, quanto segue.

“La Ue e i suoi Stati membri devono adottare misure d’emergenza per proteggere la salute dei cittadini e il collasso dell’economia… A questo scopo, il pluriennale piano finanziario (sigla Mff, nel testo) è affiancato da uno specifico sforzo di ripresa (sigla Ngeu, nel testo) col preciso scopo di affrontare questa crisi senza precedenti”. E oltre: “Mff e Ngeu aiuteranno la transizione della Ue verso le sue politiche primarie, e cioè: Green New Deal, rivoluzione digitale e resilienza”. Cosa la resilienza sia non lo so, nel senso che il vocabolo, pur nominato più volte nel sacro testo, non è lì mai definito. In ogni caso, su un totale del Mff che, per i prossimi 7 anni ammonta a oltre 1.200 miliardi, 54 miliardi stanno sotto la voce resilience and values. Insomma, qualunque cosa sia, ‘sta resilienza conta poco. Alla voce ambiente, cioè green economy, vanno invece 400 miliardi. Recita il documento: “Il piano per il Recovery della Eu richiede massicci investimenti, pubblici e privati, per riparare i danni causati dalla pandemia, sostenendo le priorità Verdi e digitali della Ue”.

E ancora: “Ogni Stato membro dovrà preparare e presentare piani d’investimento per gli anni 2021-23. I piani saranno valutati da una Commissione entro due mesi dalla presentazione. Necessario prerequisito per ottenere una valutazione positiva è la presenza, in quei piani, del contributo alla transizione Verde e digitale”. E più in là: “La lotta contro i cambiamenti climatici è convogliata nei finanziamenti di Mff e Ngeu. Come principio generale, le spese sostenute dalla Ue saranno consistenti con gli Accordi di Parigi”. Che, ricordo, sono quelli dai quali gli Stati Uniti si sono ritirati e nei quali la Cina non è mai entrata (salvo dire di sì purché non sia essa a pagare).

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