La domanda da porsi sul reddito di cittadinanza è una sola: perché insistere? Ieri la procura di Milano ha svelato un’organizzazione criminale, basata in Romania, che utilizzava falsi nomi per ottenere i sussidi. La cronaca ogni giorno ci racconta singoli casi di piccolo cabotaggio criminale, ma che sommati hanno trasferito almeno duecento milioni di euro dalle nostre tasche a quelle dei furbetti.
Lo scandalo, però, abbiate pazienza e frenate la vostra rabbia, non è rappresentato solo dai ladri. Proprio in questi giorni si discute di possibili malversazioni anche nel settore dei bonus legati alle ristrutturazioni edilizie. In entrambi i casi la risposta della politica è la medesima: più sanzioni e più controlli. Bene. Ma le due storie sono molto diverse. Gli sconti per le ristrutturazioni hanno rianimato il mercato edilizio, lo stanno facendo crescere a due cifre. Ci sono dei ladri? Possibile. Ma l’effetto resta positivo. Anzi, maggiore burocrazia e più norme e controlli rischiano di smorzare l’effetto moltiplicativo che i bonus edilizi hanno assicurato all’economia. Non si può dire altrettanto per il reddito di cittadinanza. E sotto tutti i punti di vista.
Sotto il profilo economico non ha generato un posto di lavoro in più. Ci sono dei percettori del reddito che hanno trovato un impiego: ma sono nella percentuale fisiologica di coloro che, dopo un periodo di disoccupazione, riescono a sfangarla. Il ministro Luigi Di Maio, all’epoca allo Sviluppo economico, passava da un’intervista all’altra dicendo che non ci sarebbe stato «nessuno sdraiato sul divano» ad aspettare il bonus. Si è visto. Molti dimenticano che la norma prevedeva anche l’utilizzo dei beneficiati per lavori socialmente utili: altrettanto gigantesco flop.