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Referendum, 3 argomenti forti e convincenti per il No

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La mera revisione algebrica della democrazia parlamentare, svincolata da una logica di sistema, appagherebbe solo l’ego qualunquista del Movimento 5 Stelle. Votare Sì al referendum confermativo del 20 e 21 settembre significa celebrare la linea dei grillini che si approprierebbero della “riforma” spacciandola come una loro vittoria. Il dividendo politico del referendum confermativo non verrebbe redistribuito fra i partiti di opposizione il cui orientamento affermativo, seppure timido, fornirà carburante demagogico al motore della propaganda di un Movimento che ha il propellente politico in esaurimento.

La riforma numerica della rappresentanza, senza un riassetto istituzionale del bicameralismo e del sistema di governo, consacra il populismo facilone dei 5 Stelle e riconosce all’ignoranza semplificatrice l’autorità di incidere sulla Costituzione. Assistiamo alla diffusione di informazioni parziali che truccano la realtà e condizionano la discussione. La riforma è stata elevata a fonte di risparmio e a catalizzatrice di efficienza, ma entrambi gli obiettivi sono sovrastimati dalla ipersemplificazione narrativa che, come l’oste che copriva il sapore con il finocchio per rifilare ai clienti un vino scadente, esalta il movente anticasta tecendo le distorsioni sul diritto alla rappresentanza dei cittadini.

I fautori del SÌ invocano i 535 componenti del Congresso degli Stati Uniti, che ha una popolazione di 328 milioni di abitanti, per sostenere le loro ragioni, comparando grandezze in un intento manipolatorio perché si omettono preziosi dati che completerebbero il quadro di riferimento su cui sviluppare deduzioni coerenti. Invero, il numero della rappresentanza statunitense andrebbe invocato per mobilitare il NO referendario perché negli Usa al numero dei parlamentari del Congresso va aggiunta la pletora dei deputati dell’organo legislativo bicamerale dei 50 Stati federati con l’eccezione del Nebraska che ha un Parlamento monocamerale.

La riforma quantitativa del taglio della rappresentanza trascura il fattore qualitativo dell’istituzione parlamentare che per migliorare il suo rendimento dovrebbe rivisitare i regolamenti parlamentari e diversificare le funzioni dei due rami del Parlamento. Questi sono i due driver che possono implementare l’efficienza e la velocità dei procedimenti legislativi al fine di colmare il divario fra l’ordinamento e le repentine trasformazioni della società. Invece, la drastica riduzione dei parlamentari altera il rapporto tra elettori ed eletti con una compressione irragionevole della rappresentatività.

Se prevalesse il Sì vaste comunità verrebbero depauperate di voce in Parlamento con effetti di ulteriore disaffezione dalla partecipazione, consolidando il fenomeno dell’astensione ed anemizzando la democrazia. Una riforma che si traduce nell’impulso a disertare le urne non rafforza la democrazia, ma la svuota della sua linfa vitale. In base alla tabella pubblicata dagli uffici studi di Camera e Senato emerge il dato oggettivo, esente da qualsiasi ipotesi di contestazione, che gli italiani sono i meno rappresentati d’Europa con un deputato per 100mila abitanti. Con la mutilazione della rappresentanza parlamentare, che riduce i seggi di 345 unità, raggiungeremo il “primato” di essere gli ultimi di essere gli ultimi nella proporzione fra eletti e popolazione.

Le ragioni del No possono prevalere se il centrodestra matura la consapevolezza che dal referendum può originarsi la spallata al governo rossogiallo. Gli argomenti del No sono più forti e convincenti:

1. Il risparmio economico che si ricava dalla riduzione dei parlamentari è irrisorio, rappresentando lo 0,006% del totale della spesa pubblica. Per conseguire l’irrilevante economia di spesa si poteva agire sul dimezzamento delle “onorevoli” retribuzioni, mantenendo invariato il numero dei rappresentanti senza scomodare procedimenti tortuosi e costosi.

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