A febbraio, prima dell’inizio dell’emergenza Coronavirus, la disoccupazione in Italia era al 9,7%, mentre quella giovanile si attestava intorno al 28,9%. Non appena saranno disponibili i nuovi dati, ci accorgeremo che i disoccupati sono aumentati in modo consistente e il rischio è che milioni di italiani nei prossimi mesi perdano il proprio lavoro.
In parallelo a questa drammatica situazione, a causa della quarantena forzata e del ritorno di migliaia di immigrati nei propri paesi, sono iniziati a scarseggiare i lavoratori nei campi e il mercato dell’agricoltura rischia di andare in crisi per l’assenza di manodopera. Il mondo dell’agricoltura è basato in larga parte sull’attività di lavoratori in nero, spesso immigrati pagati pochi l’euro l’ora, senza diritti e tutele, sfruttati dalla criminalità organizzata attraverso il fenomeno del caporalato.
Invece di utilizzare questa occasione per regolamentare una volta per tutte il settore dell’agricoltura attraverso normative che favoriscano sia gli imprenditori agricoli sia i lavoratori, con reali incentivi fiscali per chi regolarizza i lavoratori del settore o per le cooperative e le aziende agricole che fanno i contratti, si propone di regolarizzare i circa 600 mila immigrati irregolari presenti sul nostro territorio nazionale. Non è vero che gli italiani non vogliono lavorare in agricoltura, non vogliono – e non possono – lavorare a queste condizioni, pagati 2/3 euro l’ora e senza tutele, questo è il vero problema. A breve ci saranno milioni di cittadini italiani senza lavoro che non sapranno come arrivare a fine del mese e sarebbero disposti a lavorare nei campi anche reinventandosi rispetto alla professione svolta fino ad oggi.
Per questo la proposta del Ministro dell’agricoltura Teresa Bellanova che ha affermato: “ritengo fondamentale nella fase emergenziale regolarizzare gli extracomunitari che ricevano offerte di lavoro”, è sbagliata. Invece di regolarizzare gli immigrati clandestini, occorrerebbe trovare soluzioni prioritarie per fare in modo che i milioni di cittadini italiani che perderanno il lavoro nelle prossime settimane e che già oggi sono senza occupazione, possano avere nuove opportunità e in tal senso il settore dell’agricoltura può rappresentare un’occasione importante.
È evidente che con la scusa dell’emergenza Coronavirus si cerchi di far approvare una decisione di carattere politico di cui si parlava già da tempo senza che però vi sia la necessità come spiega il presidente di Coldiretti Ettore Pandini. Nonostante le associazioni parlino di una carenza di manodopera stagionale tra le 270 e le 350 mila unità, lo strumento più logico da adottare sarebbe quello dei voucher, in un solo giorno la piattaforma di Coldiretti «Job in country» ha raccolto «più di 500 richieste di cassintegrati e disoccupati per venire a lavorare nelle nostre aziende».