Vivendo in Israele mi è oggettivamente impossibile seguire tutte le televisioni italiane in tempo reale, per cui certi programmi, soprattutto quelli che mi vengono segnalati, li vedo a distanza di qualche ora o a volte di qualche giorno. Sulla puntata di Report, prima di criticare quello che è stato riportato, perché va criticato e sputtanato, su questo non c’è dubbio per come ha riportato notizie e approfondimenti, vista la quantità di falsità e di completa mancanza di contraddittorio sugli argomenti trattati, mi sono servite alcune ore per scegliere su cosa focalizzare questo mio intervento.
Per me, che generalmente rispondo di getto, il fatto stesso che ci siano volute delle ore e che abbia dovuto scegliere in quel mare nostrum di volgare giornalismo, se di giornalismo si tratta, la dice lunga.
In ogni modo gli italiani che hanno visto Report su Rai3 hanno assistito a due ore di menzogne su Israele, sulla storia del Medio Oriente, sul 7 ottobre e sulla guerra. Sembrava di trovarsi davanti a un programma megafono della propaganda dei terroristi.
Programma completamente mancante di etica dell’informazione che ha fatto tra l’altro passare per scoop la sintesi degli argomenti che i terroristi e gli antisionisti non antisemiti urlano da anni sui complici organi di informazione occidentali.
In quelle due ore della messa in onda sono state quasi del tutto dimenticate le donne stuprate, mutilate e uccise il 7 ottobre. Sono state dimenticate famiglie intere cancellate dalla furia terroristica di Hamas. Sono stati dimenticati i bambini israeliani massacrati nelle loro case e alcuni addirittura bruciati vivi nei forni delle cucine.
Ma non è tutto.
Il 7 ottobre 2023 non solo è stato in massima parte nascosto alla pubblica opinione, ma a tratti addirittura giustificato come atto di resistenza a 70 anni di un’occupazione inesistente.
Ricordiamo a chi ha ancora la voglia di conoscere la verità che dal 2005 non c’erano più israeliani nella Striscia di Gaza e che migliaia di lavoratori frontalieri, gli stessi che hanno fornito ai terroristi le mappe dei kibbutz, i nomi delle famiglie, le case dove abitavano e anche se c’erano bambini e animali, che venivano in Israele a lavorare. Sì, se dobbiamo dirla vale la pena dirla tutta, coloro che venivano in Israele a guadagnarsi da vivere con stipendi che nella Striscia di Gaza erano solamente dei sogni, sono gli stessi che hanno fornito le informazioni per meglio colpire i civili israeliani in quel maledetto 7 ottobre 2023.
Ma Ranucci questo chiaramente lo ha sorvolato.
Nella trasmissione sono stati riproposti come unica fonte i numeri del “Ministero della Sanità di Gaza“, entità sconosciuta, più volte smentita e agli ordini di Hamas, cioè dei terroristi. Lo stato di Israele è stato descritto come laboratorio dell’estrema destra mondiale, una follia considerando che per mesi le sinistre israeliane hanno liberamente protestato contro il governo in carica e democraticamente eletto.
Magari Ranucci dovrebbe mandare i suoi in Iran, per chiedere come sta Ahou Daryaei che ha trovato i suoi cinque minuti di vera libertà passeggiando in mutande davanti all’entrata dell’università. Ecco, questo sarebbe un vero scoop ma per una trasmissione del genere è davvero chiedere troppo.
Torniamo a noi, in quelle due ore di propaganda antisraeliana è stato cancellato il rifiuto dei palestinesi all’esistenza dello Stato di Israele, sono stati cancellati migliaia di missili lanciati su Israele da 20 anni, gli attentati terroristici contro gli israeliani e contro gli ebrei in tutto il mondo.
C’è davvero da chiedersi come la Rai, la più importante televisione italiana, la tv dello Stato finanziata dai soldi dei contribuenti che dovrebbe avere una linea editoriale basata sull’etica dell’informazione possa aver accettato di mandare in onda un programma di questo tipo.
Fermo restando la libertà di stampa e rispetto per ogni opinione legittima, la ricerca della verità e l’etica base del giornalismo democratico pretendono la verifica delle fonti e soprattutto il contraddittorio su temi controversi.
Tutti coloro che la verità l’hanno a cuore non possono non aver capito che tutto questo è mancato, volutamente e magistralmente nascosto.
Ranucci, facendo intervistare dal suo inviato Ilan Pappé, storico molto discusso, è riuscito pure a fare negazionismo della Shoah e revisionismo storico arrivando addirittura a fargli dire in tv che l’allora Muftì di Gerusalemme, auto-esiliatosi in una casa di lusso a Berlino preparata per lui dagli amici nazisti e intimo di Himmler, avrebbe incontrato Hitler per soli 4 minuti e che in questi 4 minuti non avrebbe avuto modo di parlare nemmeno di ebrei e del loro sterminio.
La realtà è che il Muftì ebbe diversi incontri e accordi con molti gerarchi nazisti tra cui Hitler, altrimenti non avrebbe potuto fondare di una intera divisione di SS musulmane.
Ma il culmine dell’ignoranza è arrivato quando Ilan Pappè, uno dei pochi ebrei che Cecilia Parodi salverebbe, a sostegno della sua tesi ha affermato che quando il Muftì incontrò Hitler, nel 1941, la Shoah era stata già pianificata. A Sigfrido Ranucci sarebbe bastato sbirciare su Wikipedia per sapere che la conferenza di Wannsee, dove i gerarchi nazisti riuniti decisero per la “soluzione finale del problema ebraico” vale a dire lo sterminio degli ebrei, si tenne nel 1942. La conferenza di Wannsee (in tedesco Wannseekonferenz) si svolse il 20 gennaio 1942 a villa Marlier, una villa sulla riva del lago Großer Wannsee nella periferia a sud di Berlino. Coinvolse quindici personaggi di primo piano del regime nazionalsocialista, del partito e delle Schutzstaffel (tra cui quattro segretari di Stato, due funzionari pubblici di grado equivalente e un sottosegretario) che, su invito dell’SS-Obergruppenführer Reinhard Heydrich, capo del Reichssicherheitshauptamt (RSHA), si riunirono per definire la cosiddetta «soluzione finale della questione ebraica» (Endlösung der Judenfrage).
Considerando che il Muftì incontrò Hitler il 28 novembre del 1941, quindi prima di questa conferenza, si capisce che tutto quello che ha detto Pappè è solo muffa che si è aggiunta a un programma che oltre ad aver fatto male alla Rai, la brutta figura rimarrà per sempre come una delle pagine più buie della televisione italiana, non ha aiutato a capire il tema dello scontro e le responsabilità delle parti, di tutte le parti, sulla problematica mediorientale. Ma, soprattutto non ha fatto bene al giornalismo che, soprattutto quando si toccano certi argomenti, deve essere al di sopra delle parti e ben informato.
Il programma Report non si è dimostrato al di sopra delle parti, anzi, non è proprio giornalismo è altro. È dell’altro, qualcosa che un tempo, in maniera dispregiativa, veniva chiamata propaganda.
Michael Sfaradi, 5 novembre 2024
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