Mentre da noi l’ormai ex ministro della Salute, Roberto Speranza, si presenta ancora con la mascherina in parlamento, da vero irriducibile, ecco che negli Stati Uniti e, più precisamente nello stato di New York, cominciano finalmente ad aprirsi delle crepe in quel muro di gomma che è stato il Vangelo salutista anti covid19.
Contro il Pensiero unico
A quanto si apprende, infatti, un giudice della Corte Suprema dello stato, il repubblicano Ralph Porzio, ha stabilito che un gruppo di operatori ecologici, che erano stati licenziati per essersi rifiutati di rispettare l’obbligo di vaccinazione imposto dalla città ai dipendenti pubblici, dovranno subito riavere il proprio posto di lavoro. Non solo: dovranno persino ricevere la retribuzione retroattiva che è stata negata loro da questo provvedimento liberticida.
Le motivazioni
“È ora che la città di New York faccia ciò che è giusto”, esordisce il giudice. La richiesta della città di vaccinare i dipendenti pubblici è stata “arbitraria e capricciosa“, ha scritto Porzio che ha motivato così la propria decisione: “L’ordinanza non è un parere sull’efficacia della vaccinazione, ma su come stiamo trattando i nostri primi soccorritori”. E ancora: “Anche se la vaccinazione dovrebbe essere incoraggiata, i dipendenti pubblici non dovrebbero essere licenziati per la loro inadempienza”.
I dipendenti pubblici della città di New York, per non incappare nella pesante sanzione, dovevano dimostrare di aver effettuato almeno una dose di vaccino contro il coronavirus prima del novembre 2021. Più di 1.750 lavoratori della città sono stati licenziati per essersi rifiutati di vaccinarsi, tra cui 36 membri della Polizia di New York e più di 950 dipendenti del Dipartimento dell’Istruzione. A dicembre dello scorso anno, poi, è entrato in vigore anche il mandato per i dipendenti di aziende private che si rivolgono al pubblico, ma questo provvedimento è stato guarda caso modificato, in seguito ad aspre critiche, per includere esenzioni in favore di artisti e atleti.
“Sebbene il commissario per la salute abbia l’autorità di emettere mandati per la salute pubblica – ha affermato il giudice – non può creare una nuova condizione di impiego per i dipendenti della città”, né può “proibire a un dipendente di presentarsi al lavoro o licenziare un dipendente”.
Dello stesso parere Lee Zeldin, candidato repubblicano alla carica di governatore di New York il quale ha dichiarato che, chiunque sia stato licenziato a causa dell’obbligo di vaccinazione degli operatori sanitari da parte dello Stato, deve essere immediatamente reintegrato sul posto di lavoro e ricevere gli stipendi arretrati. Per poi scagliarsi contro le “esenzioni speciali per le celebrità” stabilite dalla città.
Democratici sulle barricate
Ovviamente tutta la compagine democratica della Grande Mela è insorta. Un portavoce del Dipartimento di Legge di New York ha dichiarato che la città “è fortemente in disaccordo con questa sentenza, poiché il mandato è saldamente fondato sulla legge ed è fondamentale per la salute pubblica dei newyorkesi”. E ha aggiunto che l’obbligo, messo in atto dall’allora sindaco Bill De Blasio, rimarrà in vigore “poiché questa sentenza riguarda esclusivamente i singoli firmatari di questo caso”. Lo stesso De Blasio ha affermato che il “privilegio” di servire i newyorkesi come dipendente pubblico “comporta la responsabilità di mantenere se stessi e la propria comunità al sicuro”.
Al momento non sappiamo se questa sentenza potrà tenere. La Corte Suprema di New York è un tribunale di primo grado e le sue decisioni sono soggette a revisione da parte delle corti d’appello superiori. Ma la sensazione è che, oltreoceano, qualcosa inizi a muoversi e che si possa finalmente iniziare a guardare a ciò che è stato fatto in termini di riduzione delle libertà in modo più sereno e ragionevole.
In questo senso sembrano andare anche le parole pronunciate dal nostro neo presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel suo discorso inaugurale. “Nella gestione della pandemia qualcosa, decisamente, non ha funzionato e dunque voglio dire fin d’ora che non replicheremo in nessun caso quel modello”. E ancora: “Occorrerà fare chiarezza su quanto avvenuto durante la gestione della crisi pandemica. Lo si deve a chi ha perso la vita e a chi non si è risparmiato nelle corsie degli ospedali, mentre altri facevano affari milionari con la compravendita di mascherine e respiratori”.
La parola d’ordine, dunque, è “mai più”. Lo si deve anche a tutti noi, insultati mentre facevamo jogging, rincorsi dalle forze dell’ordine sulle spiagge e costretti a mostrare un pezzo di carta per poter circolare. Di pandemie potremmo vederne altre, ma la bilancia tra diritto alla salute e libertà fondamentali non dovrà mai più pendere esclusivamente da un lato.