Walter Ricciardi ha vissuto un weekend di fuoco, culminato, ieri sera, in quest’apparizione nel salottino di Fabio Fazio, dove ha tentato di infangare il lavoro dei ristoratori, raccontando un’esperienza personale. Sarà anche vero, come sostiene lui, che qualche esercente non rispetta le regole e riempie le salette del suo locale oltre il dovuto. Ma la soluzione è forse il lockdown generalizzato? Colpirne 100 per educarne uno, come Mao Zedong e le Brigate rosse? Non sarebbe più giusto controllare, multare i trasgressori e lasciar vivere il resto d’Italia che rischia di morire di fame, più che di Covid?
Ma questa, si sa, non è la priorità dei nostri signori virologi. I quali, evidentemente, concepiscono solo una parte del problema: la malattia e la guarigione. Come quando Massimo Galli blaterò: “Non vedo morti di fame per strada”. Il problema, però, non è che i medici abbiano una prospettiva limitata. Il problema è che, con estrema arroganza, credono che la politica debba ridursi, appunto, alla mera strategia di profilassi, peraltro in sé discutibile, che loro suggeriscono. Non esistono altri interessi in ballo: non esiste non dico la tenuta economica di un Paese, ma neppure l’altro pezzo di salute, quella psicologica. Non esiste più il diritto degli italiani a non essere terrorizzati, o presi in giro dalle solite carotine per coniglietti: “Un mese, due mesi, tre mesi di sacrifici e poi ci siamo”.
Lo si vede bene dall’ultima intervista alla Stampa di Andrea Crisanti, che invocando un lockdown generalizzato, significativamente sbotta: “Ci sono le varianti e noi pensiamo a sciare e mangiare fuori”. Eccolo qui, un altro preclaro esempio della sgangherata ideologia dei virologi: pur di conservare la vita come dato biologico, svuotiamo completamente la vita come dimensione relazione e spirituale. È la logica che ha guidato le chiusure delle attività giudicate “non essenziali”.
A parte il problema democratico (chi è legittimato a decidere cosa è o non è essenziale?), c’è un problema culturale: perché tutto, alla fine, è inessenziale. Non è essenziale sciare, non è essenziale mangiare fuori, non è essenziale incontrare gli amici, non è essenziale fare l’amore, non è essenziale andare al mare, non è essenziale entrare in un negozio, non è essenziale neppure uscire di casa, forse non è così essenziale manco alzarsi dal letto. Ma così arriviamo al paradosso: nel nome del paradigma sanitocratico, nel nome della conservazione della vita come esistenza fisica, della vita stessa distruggiamo la dignità.
È l’estremo paradosso dello Stato-Leviatano: nato con poteri assoluti, affinché garantisse le condizioni di ciò che rende la vita umana (la socialità, i commerci, le arti), finisce, nell’illusione di poter assicurare la continuazione dell’esistenza biologica, per rendere la vita “brutish, nasty, and short”. Proprio come sarebbe nello stato di natura, che pure doveva superare. Toc toc, Mario Draghi!
Nicola Porro, 15 febbraio 2021