Le parole pesano come un macigno. Soprattutto se a pronunciarle è uno che di nome fa Walter Ricciardi, da inizio pandemia consigliere di Roberto Speranza. L’uomo che sussurra al ministro della Salute oggi ha rilasciato ben due interviste, a Repubblica e al Messaggero, per lanciare il suo (solito) allarme in vista dell’inverno, per proporre di togliere il green pass a chi si fa il tampone e per uscire allo scoperto sull’intento liberticida delle restrizioni anti-Covid. Nessuno, fino ad ora, aveva mai avuto il coraggio di affermarlo chiaramente. Ricciardi finalmente lo fa: d’ora in poi, ragiona, bisognerà limitare la libertà “solo ai vaccinati e ai guariti dal Covid”.
Sul futuro dell’Italia, il medico vede buio pesto. “Se non ampliamo il numero di vaccinati con la prima dose e se non somministriamo rapidamente la terza – dice – avremo una risalita forte, più di quella che vediamo ora“. Quando? “Avverrà presumibilmente tra gennaio e febbraio. Di sicuro però la mortalità sarà più ridotta di quella delle prime grandi ondate proprio grazie ai vaccini, che comunque un po’ proteggeranno”. Ma è sul green pass che il professore si fa più deciso. L’idea originale di Draghi e Figliuolo era più o meno questa: se li obbligheremo a mostrare il green pass per lavorare, alla fine gli italiani tutti si convinceranno che è meglio farsi inoculare il siero anziché pagare 200 euro di tamponi al mese. Non è andata così. A Trieste sono scoppiate le proteste dei portuali. A Milano lo stesso. A Roma sappiamo cos’è accaduto. Ma anche a Pesaro e in altre città d’Italia qualcuno inizia a storcere il naso riguardo alle limitazioni alle libertà personali. Come risponde allora Ricciardi? Con un’ulteriore tirata di cinghia: proroga dello stato di emergenza, green pass ancor più restrittivo e nuove “misure di controllo”.
“Finora i Green pass hanno funzionato – ritiene il professore – ma sono convinto che, per la stagione invernale che ci costringe più al chiuso e a contatto con gli altri, bisognerebbe rivederne la concessione limitando le libertà legate al green pass solo ai vaccinati e ai guariti dal Covid”. Avete capito? In pratica, neppure pagandosi un test un non vaccinato potrebbe uscire di casa. Visto che ormai senza lasciapassare non si può far nulla (lavorare, andare al cinema, mangiare al ristorante, ecc ecc), impedire di ottenere il green pass effettuando un tampone significherebbe togliere ai no vax la possibilità di vivere. Un piccolo passo verso quel “lockdown” mirato evocato da Abrignani.
Come abbiamo detto più volte: si scende all’inferno a piccoli passi. Oggi tolgono il diritto al lavoro, domani “le libertà” in generale se non ci si vaccina. Attenzione: nessuno di noi è contro il siero, lo ribadiamo. Ma se lo Stato lascia libertà di scelta non può poi surrettiziamente costringere i cittadini a inocularselo minacciando di rinchiuderli in casa senza lavoro e senza socialità. Ricciardi, è chiaro, non la pensa così: “Chi non è vaccinato – insiste – può accedere ad alcuni luoghi o usare alcuni servizi come i trasporti a lunga percorrenza anche mostrando il tampone effettuato 48 ore prima. Sono dell’idea, invece, che il tampone sia il punto debole del sistema. Non assicura la protezione e la non trasmissione del virus, se non al 30%. Ecco perché gli accessi ai luoghi pubblici o a quelli di lavoro andrebbero limitati solo ai vaccinati con green pass, escludendo la possibilità a chi ha un tampone valido”.