Nove articoli, di cui il primo dedicato alle “regole di ingaggio” della riforma fiscale (ossia agli aspetti procedurali di approvazione dei successivi decreti legislativi delegati di attuazione delle diverse parti della riforma) e l’ultimo dedicato al “vasto progetto” della ricodificazione della magmatica e strabordante normativa fiscale in una serie di testi unici ordinati per materia; in mezzo spazio alla riforma delle imposte sui redditi e delle relative addizionali, con particolare focus anche sulle fregole di determinazione del reddito di impresa e della base imponibile Ires; alla graduale abrogazione dell’Irap; alla “razionalizzazione” delle aliquote Iva e di altre imposte indirette; alla riforma del catasto; alla riforma della riscossione.
Questa la struttura del testo del disegno di legge delega licenziata martedì dal Consiglio dei Ministri, dopo un lavoro di cucitura certamente non semplice, tra le tante e diverse “sensibilità fiscali” che caratterizzano la composita maggioranza chiamata in Parlamento ad approvare questa delega al Governo. Brilla per la sua assenza qualsiasi intento riformatore sul versante della giustizia tributaria e non è certo un bel vedere, perché, ancora una volta, l’interesse erariale a un efficientamento delle strutture preposte al contrasto dell’evasione fiscale e alla riscossione dei tributi viene attentamente considerato, mentre manca clamorosamente l’interesse del contribuente ad un pari efficientamento delle strutture preposte a garantire l’amministrazione dei ricorsi in cui ci si difende.
Per altro, suscita persino ilarità la candida ingenuità con cui l’estensore del testo portato in Consiglio dei Ministri ha messo l’efficientamento della riscossione subito dopo le “regole procedurali”, cioè prima ancora degli articoli dedicati alle linee guida di riforma delle imposte sul reddito, lasciando intravedere con trasparenza degna di miglior causa il reale ordine di priorità che aleggia in taluni corridoi ministeriali (pare comunque che la cosa non sia passata inosservata in CdM ed è dunque probabile un rimescolamento dell’ordine degli articoli per salvare almeno le apparenze, pur essendo ormai fatta la frittata).
Proprio sulla riforma della riscossione sarà opportuno vigilare, perché la finalità di “individuare un nuovo modello organizzativo, anche mediante il trasferimento delle funzioni e delle attività attualmente svolte dall’agente nazionale della riscossione, o parte delle stesse, all’Agenzia delle Entrate” sembra perfetta per acuire ulteriormente la già eccessiva confusione che aleggia tra le finalità del contrasto dell’evasione fiscale e le finalità della riscossione.
Se, infatti, la finalità del contrasto dell’evasione fiscale si fonde con la finalità della riscossione, è inevitabile che, nella valutazione di quali siano i controlli cui dare la priorità, prevalgano quelli su chi ha attività economiche già emerse e beni intestati aggredibili, rispetto a quelli su chi deve essere anzitutto trovato perché opera nel sommerso e, una volta trovato, è più difficile da aggredire perché tiene i suoi beni schermati con prestanome, scatole cinesi, eccetera. Eppure in un mondo in cui l’obiettivo fosse davvero la lotta al sommerso (e non la caccia ad un altro po’ di gettito di chi è già conosciuto), l’ordine di priorità dovrebbe essere l’inverso.
Tra varie spine e alcune petizioni di principio troppo generiche per meritare allo stato un commento, una soluzione oggettivamente brillante è stata trovata proprio su una delle questioni apparentemente più inestricabili: la riforma del catasto. Riforma che si farà, ma con “la previsione che le informazioni rilevate secondo i principi sopra indicati non vengano utilizzati per la determinazione della base imponibile dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali”.
In un colpo solo, il premier Draghi e il ministro Franco ottengono il risultato di disinnescare la bomba politica dei riflessi fiscali della riforma del catasto (e, da questo punto di vista, si tratta di una oggettiva, quanto schiacciante vittoria dell’area di centrodestra di Governo sulle legittime, ma assai differenti aspirazioni di altre componenti), ma anche di dare finalmente vita a una prospettiva di riforma che si pone come obiettivo, una volta tanto, non di determinare gettito sin dal giorno dopo in cui entra in vigore (cosa che spesso produce, a consuntivo, risultati imprevisti e dannosi), ma di migliorare davvero il settore in termini di procedure e contenuti informativi, lasciando poi la valutazione di un loro impiego ai fini fiscali dopo un periodo di decantazione, durante il quale valutarne in modo più accorto gli effetti. Un grande merito. Politico e tecnico.
Enrico Zanetti, 8 ottobre 2021