Questa storia del Catasto ha dell’incredibile. In Italia non si pagano le imposte sulla prima casa, a parte i casi in cui essa venga classificata come di lusso. La Commissione europea, molti istituti internazionali, numerosi economisti, la gran parte dei partiti di sinistra chiedono invece a gran voce una patrimoniale sugli immobili. Che, comunque, oggi esiste e si applica, oltre che agli immobili di lusso, sulle seconde case e sugli esercizi commerciali.
Cerchiamo di fare chiarezza. Ci sono due strade per spremere i proprietari di casa, che in Italia sono più che nel resto del mondo, per il semplice fatto che essa rappresenta la pensione, una forma di previdenza complementare. Il primo modo è reintrodurre la tassazione sulla prima casa: già visto con il governo Monti. Il mercato crollò. E i contribuenti la detestano.
Secondo modo: alzare il valore imponibile dell’immobile e mantenere intatta l’aliquota fiscale. Se la tassa è dell’1 per cento e il valore su cui si applica invece di essere centomila euro, magicamente diventa duecentomila, è chiaro che si è raddoppiato l’esborso per il contribuente, pur mantenendo ferma l’aliquota fiscale. Un giochetto micidiale. Che è quanto avverrà con la revisione del catasto.
Il Parlamento, grazie anche al centrodestra, aveva impegnato il governo a riformare il fisco (la cosiddetta delega fiscale) senza toccare il Catasto. Il governo, compresa Forza Italia, ha votato una delega fiscale in cui si riforma il Catasto. Ma, e qua sta la scappatoia politica, senza risvolti fiscali.
Cosa succede? Semplice. Ci prendono per i fondelli. Da quando passerà la legge fino al 2026, non si sa bene ancora come, per ogni nostro quartierino, negozio o villetta avremo due valori: quello catastale e quello revisionato dalla riforma (prezzo di mercato). Sul primo si pagherà ancora l’Imu e sul secondo? Forse i ministri pensano che giocheremo al Lotto. Balle. È chiaro come il sole che stiamo armando un bazooka contro i proprietari di casa. Quando saranno scritti i valori dell’immobile, non dovranno fare molto. Basterà una normetta della prossima Finaziaria così scritta: «Dall’anno 2023 l’aliquota Imu resterà immutata e si pagherà sul valore di mercato presente sul registro del Catasto». E il gioco è fatto. I politici non dovranno neanche sporcarsi le mani. La revisione l’hanno fatta Draghi e il suo governo di larghe intese, le aliquote non si cambiano e non si alzano, cambia semplicemente la base imponibile. E si dirà che la cosa è fatta per equità.
Qualche argomento per coloro che, in fin dei conti, accettano questa narrazione. Una prima argomentazione riguarda la leggenda per la quale le case del centro varrebbero di meno, a parità di metri, rispetto a quelle della periferia. Falso. Dal 2000 ad oggi sono state fatte numerose modifiche dei valori catastali. Basti ricordare quelle del 2013. Nella sola città di Roma furono raddoppiate o triplicate le rendite di 175mila immobili nei quartieri chic, per un gettito aggiuntivo di 125 milioni di euro. Ci saranno certamente ancora degli errori, ma l’attico di Piazza di Spagna che paga come quello del Tiburtino non c’è più. A ciò si aggiunga che le numerose incentivazioni per lavori di ristrutturazione hanoo pulito ulteriormente le distorsioni dei valori catastali.
Una seconda argomentazione illogica, se si conosce il funzionamento delle tasse sulla casa, è che non ha senso pagare sul valore catastale, ma sarebbe più appropriato farlo su quello di mercato. Il valore catastale, come detto, è un falso problema, se esso è omogeneo e corretto, ciò che conta è l’aliquota. Ma a questi signori, che vogliono tanto tenere come valore su cui applicare l’aliquota quello di mercato, si possono porre varie obiezioni. In Italia ci sono milioni di appartamenti, palazzi e case che non hanno alcun valore commerciale, perché sono nel paesello, in campagna, mal tenuti e invendibili. Vi ricordate i borghi che provano a vendere le loro case ad un euro ma non trovano nessuno? Ebbene, se applicassimo l’Imu sul loro valore di mercato, ci troveremmo con una perdita di gettito miliardaria. L’Italia non è fatta di grandi città, ma di ottomila comuni. Però gli economisti e i commissari europei, in genere, frequentano le terrazze solo di Roma e Milano.
Infine, se ad un immobile si attribuisce un valore di mercato, per non rendere la cosa ingiusta, lo si dovrebbe cambiare con l’andamento del mercato. Il Pigneto oggi vale quanto Trastevere e la Garbatella come i Parioli, il quartiere Isola a Milano o le Varesine come Magenta: ma così non era solo qualche lustro fa. La ricerca del prezzo di mercato per gli immobili non è impossibile, ma difficile. In un Paese in cui ci sono 1,2 milioni di immobili fantasma, è difficile credere davvero a questo favoloso nuovo Catasto aggiornato.
Anche un bambino piccolo sa che la riforma del Catasto è un modo surrettizio per tassare di più i proprietari di casa. Forse non oggi, ma certamente domani. Si abbia il coraggio politico di alzare le aliquote e non spacciarle come un’operazione di trasparenza e di equità. Qui di trasparente c’è davvero poco.
Nicola Porro, Il Giornale 9 ottobre 2021