Economia

“Rischio bancarotta”: perché le industrie di pannelli solari sono nel panico

L’Ue preme per l’energia solare, ma la competizione sleale di Pechino getta Bruxelles nelle fauci del dragone

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Ieri l’industria europea dell’energia solare ha allarmato le autorità competenti della situazione “precaria” per i produttori di fotovoltaico solare (FV), dal momento che i prezzi del fotovoltaico hanno raggiunto livelli record. Il gruppo industriale SolarPower Europe ha dichiarato in una lettera inviata alla Commissione europea che le aziende del Vecchio continente sono prossime alla bancarotta. Ciò impedirebbe l’obiettivo dell’Ue di rimodellare 30 GW della catena di fornitura fotovoltaica. I prezzi dei moduli fotovoltaici sono scesi di oltre un quarto dall’inizio del 2023.

“Questo elemento determina il rischio concreto per le aziende di andare in insolvenza, dato che le loro riserve dovranno essere svalutate”, ha dichiarato l’azienda energetica. Anche l’industria eolica ha fatto appelli simili a Bruxelles, temendo che i produttori di turbine siano sottoquotati dai rivali cinesi. La forte domanda, insieme ai grandi investimenti e alla concorrenza spietata tra i fornitori cinesi, ha portato alla sovraccapacità sul mercato e a un calo generalizzato dei prezzi. L’industria chiede alla Commissione europea di acquistare le scorte di moduli solari delle imprese europee, di creare una Solar Manufacturing Bank a livello continentale e di incrementare la domanda di fotovoltaico in Europa.

La dipendenza dalla Cina

L’eccesso di importazioni cinesi a basso costo ha spinto alcuni produttori sull’orlo del fallimento, ostacolando le misure promosse da Bruxelles per stimolare la produzione locale di tecnologie verdi. Ma la crisi colpisce anche gli Stati europei che non aderiscono all’Ue. Norwegian Crystals, un produttore del lingotto utilizzato nelle celle solari, aveva già presentato un’istanza di fallimento il mese scorso. Norsun, un’altra società solare norvegese, ha dichiarato che avrebbe sospeso la produzione fino alla fine dell’anno.

L’Ue auspica che il solare diventi la sua principale risorsa energetica. La Commissione vorrebbe che il 45 per cento dell’energia europea sia generata da fonti rinnovabili entro il 2030 – un traguardo che sarà votato dal Parlamento europeo questa settimana. Ma il predominio della Cina nella catena di approvvigionamento solare è tale che i suoi prodotti rappresentano circa i tre quarti delle importazioni in Europa, suscitando timori che l’Ue stia sviluppando una dipendenza dalla Cina simile alla dipendenza dal gas russo fino all’invasione su vasta scala dell’Ucraina. Ad oggi il costo di produzione di un modulo solare in Europa è più del doppio del prezzo corrente sul mercato, secondo le stime di SolarPower.

L’Ue ha già cercato di limitare la concorrenza sleale della Cina imponendo dazi sulle importazioni nel 2012, dopo che Pechino ha elargito corposi sussidi alla sua industria solare. Ma nel 2018 Bruxelles ha risollevato economicamente l’industria cinese per potenziare le sue installazioni di energia rinnovabile – solo un anno prima che la Commissione dichiarasse la Cina un “rivale sistemico”. Da allora Bruxelles non li ha reintegrati, nonostante abbia recentemente spinto le aziende europee a “de-rischiare” le loro catene di approvvigionamento dalla Cina come parte di un più ampio sforzo per riformulare la produzione nell’ambito di crescenti tensioni geopolitiche.

La lettera alla Commissione europea

 Le dichiarazioni di SolarPower Europe sono state riprese in una lettera firmata ieri da più di 40 società di energia solare, tra cui la svizzera Meyer Burger e il produttore tedesco di fotovoltaico Heckert Solar. La spesa europea per i componenti dell’energia solare è aumentata da 6 miliardi di euro nel 2016 a oltre 25 miliardi di euro nel 2022, portando ad un surplus di pannelli solari cinesi – che ora giacciono nei magazzini europei. La quantità di celle fotovoltaiche in stoccaggio sarebbe stata sufficiente a coprire la domanda annuale complessiva dell’Europa ben due volte.

Le società cinesi hanno ora adottato “una posizione di dumping nel mercato europeo”, offrendo contratti biennali con prezzi “costantemente sottoquotati”. Tali accordi includono delle clausole che richiedono ordini minimi ed esclusività. La lettera ha raccomandato alla Commissione di effettuare un’acquisizione d’emergenza degli inventari dei produttori europei di energia solare e di accelerare un progetto di regolamento che vieti i prodotti realizzati con il lavoro forzato. Circa due quinti della produzione globale di polisilicio, la principale materia prima per i pannelli solari, proviene dalla regione occidentale dello Xinjiang, dove il governo cinese è stato accusato dai gruppi per i diritti umani di costringere la minoranza uigura a lavorare nelle fabbriche dei campi di detenzione. Pechino, d’altro canto, nega categoricamente qualsiasi violazione dei diritti umani.

Walburga Hemetsberger, amministratore delegato di SolarPower Europe, ha dichiarato di essere consapevole che anche altri operatori del settore avrebbero presentato una petizione alla Commissione. “Siamo tutti d’accordo sul fatto che le cadute incontrollate dei prezzi siano un rischio critico per il settore: i leader dell’Ue devono agire con urgenza”.

Lorenzo Cianti, 12 settembre 2023