Risparmi a rischio, il pericolo delle banche tedesche

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Fondo Salva Stati, Assicurazione europea sui depositi, tassi negativi, commissioni aggiuntive sui conti correnti. Si parla tanto di tali argomenti in questi giorni. Ci sono scontri parlamentari, ce ne sono a livello di Comunità Europea. In realtà tutti dicono la loro, ma è dei nostri soldi che stanno parlando, dei nostri risparmi. E le normative europee rischiano di avere ancora un impatto difficile proprio sui nostri risparmi. Ricordate il Bail-In? Entrato in vigore nel 2016 era stato votato anche dai parlamentari italiani, che probabilmente non si erano resi conto davvero di cosa comportasse.

Quanto è stata contestata successivamente quella norma che impone ad azionisti, a obbligazionisti ed eventualmente ai correntisti di rispondere in solido al fallimento della banca a cui hanno dato fiducia? Ebbene quella legge è ancora in vigore. Non dimenticatelo. E tra poco ne riparleremo molto dettagliatamente, nella speranza che situazioni come quella di Banca Marche, Banca Popolare dell’Etruria, Cassa di Risparmio di Chieti, Cassa di Risparmio di Ferrara, Popolare di Vicenza e Veneto banca, non si ripetano ancora. E non dimentichiamo la situazione ancora difficile di Carige e della Popolare di Bari.

Ma torniamo agli impatti delle normative europee sui nostri risparmi. Il Fondo Salva Stati, meglio noto come MES e di cui ci occuperemo meglio in uno dei prossimi articoli, rischia di avere un impatto molto forte sul nostro Paese, soprattutto perché va a rimettere l’accento anche sulla sostenibilità del nostro Debito Pubblico. Di commissioni aggiuntive sui conti correnti, di quello 0,50% di cui si parla tanto in Nord Europa e di cui vorrebbero beneficiare anche alcuni istituti italiani, abbiamo già scritto in altri articoli che trovate qui su questo sito. Vorrei invece tornare oggi a parlare della situazione del sistema bancario, europeo e del nostro paese.

La notizia di questi ultimi giorni, la vera notizia, passata molto in sordina, è stata l’acquisto da parte di Goldman Sachs di 50 miliardi di sofferenze in carico a Deutsche Bank. Il colosso tedesco che rappresenterebbe, secondo molti analisti, anche tedeschi stessi, un potenziale di rischio, tra i più alti nel mondo finanziario, sta cercando di liberarsi di quote importanti di passività. Ma i numeri veri si fa fatica a conoscerli davvero. Da un lato ci sono le sofferenze, e queste sono misurabilissime, dall’altra i derivati che hanno un effetto leva, difficile da quantificare. Ho già scritto in altri articoli di come appaia strano che Scholz, ministro delle finanze della Merkel, inviti proprio in questo momento storico l’Europa ad aprire alla garanzia dell’Unione sui depositi. Quando era l’Italia ad averne bisogno era stato il suo predecessore Schauble a dichiarare di non voler pagare per i guai degli altri. Il riferimento alla situazione bancaria italiana non era mai stato nascosto. Era proprio all’Italia che l’ex ministro faceva riferimento con le sue critiche.

Che ancora una volta vogliano farci pagare a livello comunitario i loro guai interni? Del resto grazie all’Euro la Germania ha avuto dei benefici straordinari nella corsa alla riunificazione interna dopo la caduta del muro di Berlino. La storia si ripete? Ma la storia si ripete se le persone non imparano dagli sbagli del passato e agiscono sul futuro. C’è dell’altro. Ed è un problema bancario più legato al nostro Paese. Milano Finanza, all’inizio della settimana ha pubblicato un articolo, che non mi sembra sia stato mai smentito da nessuno e che, stranamente non è stato ripreso, almeno che mi risulti, da altre testate. In tale articolo Francesco Ninfole, ha evidenziato con dovizia di numeri e particolari, come, rispetto agli ultimi Stress Test effettuati da Banca d’Italia siano emerse importanti criticità per dieci piccole banche italiane. Per sei di queste addirittura i parametri di solidità scenderebbero, in caso di stress finanziario, sotto il 4,5% di Cet1. Nell’articolo si dice anche che Banca d’Italia non ha fornito i nomi delle dieci piccole banche.

Ma ci ricordiamo che c’è il Bail-In? Che questa legge è ancora in vigore? Che se nel caso dovesse saltare una banca comunque c’è pur sempre la chiamata in solido anche di coloro che l’anno scelta? Capisco la logica. Ed è comprensibilissima. Dare i nomi delle banche significherebbero creare ancora più problemi alle banche stesse che potrebbero essere abbandonate dai loro correntisti. Tuttavia ce lo ricordiamo che c’è il Bail-In? E allora la domanda che vi faccio e che ci facciamo, è giusto non dire ai clienti di quelle banche quale sia la situazione di quegli istituti? Chi si assume la responsabilità di non dire a chi fosse in un palazzo fatiscente e di cui si conosce la labilità strutturale, quale sia la situazione di rischio in cui vive? E se quel palazzo dovesse venir giù?

O si fa qualcosa di concreto contro il Bail-In, o bisogna prendere atto che questa norma europea ha cambiato le regole del gioco. Io non so quale sia la giusta via. Tuttavia credo sia arrivato il momento di occuparsene davvero.

Leopoldo Gasbarro, 30 novembre 2019

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