Risparmi italiani a rischio? Cosa c’è dietro la preoccupazione di Mattarella

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Nei giorni scorsi il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è tornato a mettere l’accento sulla tutela del risparmio. Il Capo dello Stato ha affermato che bisogna tenere i conti del Paese a posto per far crescere l’economia e tutelare la ricchezza privata. La sottolineatura di Mattarella suona come una sorta di “mettiamo le mani avanti”, prima che, con le possibili tensioni autunnali tra Italia ed Europa sui conti del nostro Paese, non si torni ad una situazione tale in cui spread, mercati finanziari e proprio i risparmi tornino a finire nuovamente sotto pressione.

Ma quando parla di pericolo per la ricchezza privata a cosa si riferisce davvero il Presidente?

Mattarella pensa e si preoccupa delle possibili accelerazioni di volatilità sui mercati o si preoccupa di qualcos’altro, magari di un possibile prelievo forzoso (leggi patrimoniale) che vada ad appesantire le tasche dello Stato alleggerendo quelle dei cittadini italiani?

Del resto, debito pubblico da una parte e ricchezza privata dall’altra continuano inesorabilmente nel loro ritmo di crescita: il primo arrivando alla somma straordinaria di 2373mld, la seconda continuando a registrare accantonamenti soprattutto in liquidità, così come riportato dall’Abi Monthly Outlook, aggiornato al dato di giugno, che evidenzia come: “…i depositi sono aumentati, a maggio 2019, di circa 55 miliardi di euro rispetto a un anno prima.…”.

Insomma, se da un lato lo Stato continua a a far aumentare il suo debito, dall’altro gli italiani continuano a fare le formiche e a creare una sorta di garanzia privata eventualmente “spendibile” a favore del Paese. Proprio Moody’s, una delle più importanti agenzie di rating internazionali, nello scorso autunno aveva in qualche modo assicurato sulla tenuta dei conti italiani dichiarando e scrivendo che: “Le famiglie italiane hanno un alto livello di ricchezza che rappresenta un’importante cuscinetto contro gli shock futuri e potrebbe rappresentare anche una fonte potenziale di finanziamento per il governo”.

Sulla scia di Moody’s nei mesi scorsi sono stati in molti a chiedere all’Italia di riequilibrare ricchezza privata e debito pubblico. Prima il fondo monetario internazionale, quindi l’OCSE stessa. Comunque sia, basterebbe leggere i report del Fondo Monetario Internazionale che parlano dell’Italia con dovizia elevatissima di particolari, per comprendere quanto il nostro Paese, sia considerato un malato in osservazione, un malato, però in grado di rigenerare se stesso grazie alle grande ricchezza privata.

Di seguito alcuni stralci riportati nel documento del FMI di febbraio 2019:

…I direttori hanno ritenuto che un risanamento di bilancio credibile e di alta qualità sia fondamentale per porre il debito pubblico saldamente su un percorso discendente e ridurre gli spread sovrani. Hanno raccomandato un aggiustamento graduale ed equilibrato verso un piccolo avanzo globale a medio termine. Alcuni direttori hanno concordato un ritmo di consolidamento che è sostanzialmente coerente con il braccio preventivo del patto di stabilità e crescita. I direttori hanno sottolineato che l’aggiustamento fiscale dovrebbe essere sostenuto da misure di alta qualità per promuovere la crescita e l’inclusione sociale…

Quindi, ci si chiede, di che cosa si stia preoccupando davvero Mattarella? Davvero sarebbe possibile dover ricorrere ad una patrimoniale per sanare in parte i conti dello stato così come fece Amato nel 1992? C’è un nesso tra le condizioni che portarono alla scelte di Amato allora e quelle in cui ci troviamo ora?

Nel 1992 a subire la forte pressione dei mercati internazionali fu la nostra moneta nazionale, la Lira, mentre nel contesto storico che stiamo vivendo a finire sotto pressione sono soprattutto i tassi d’interesse ed è per questo che la parola Spread da qualche anno è entrata prepotentemente nel nostro lessico quotidiano.

L’altra differenza, non da poco, è dettata dal fatto che quello di Giuliano Amato nel 1992 era un governo a guida tecnica, così come quello di Monti da novembre 2011 ad aprile 2013.

Insomma, la storia della Repubblica ci insegna che tutti gli interventi “lacrime e sangue” fatti a spese dei cittadini sono stati realizzati da tecnici che a differenza dei politici non sono chiamati a rispondere all’elettorato.

Quindi dovremmo preoccuparci di una possibile patrimoniale nel caso in cui nei prossimi mesi si dovessero creare le condizioni per affidare ad un tecnico, anche per tempi non lunghi la guida del Governo del Paese. Qualcuno, tra i bene informati, a meno che non si tratti di fantapolitica, ipotizza addirittura il nome Mario Draghi che, sta per chiudere il suo governatorato in BCE e potrebbe rappresentare un uomo di forte riconoscibilità europea cui affidare scelte difficili e insostenibili per la politica. Staremo a vedere…

Leopoldo Gasbarro, 20 giugno 2019

 

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