Finalmente qualcosa comincia a muoversi nell’acqua stagnante di un regime sanitario che, unico in Europa, insiste nel tenere i ragazzi che vanno scuola incatenati al feticcio delle sempre più inutili mascherine. Sembra che nella civile Bologna stiano nascendo come funghi comitati di genitori, molto preoccupati per gli effetti che tale obbligo sta esercitando sullo sviluppo dei propri figli, tanto da rispedire al mittente, ossia al Ministero dell’Istruzione, le medesime mascherine.
In altri casi, per protesta, questi veri e propri strumenti di controllo sociale, spacciati per dispositivi di protezione individuale, vengono appesi ai cancelli degli istituti scolastici. Ma al di là di queste e di altre improvvisate forme di dissenso, resta il fatto che nella ricca provincia emiliana una crescente fetta della popolazione chiede al governo Draghi/Speranza di fare un deciso passo indietro sulle attuali misure anti-Covid nella scuola, ritenendole fortemente lesive, soprattutto sul piano della perduta socialità, per alunni e studenti.
Tant’è che, secondo un sondaggio sull’obbligo delle mascherine promosso sui social da gruppi di volenterosi sparsi in tutta la provincia e rivolto a genitori, discenti e insegnanti, su una platea di oltre 1.400 persone interpellate, ben il 70% non ne comprendeva la motivazione e tutti si sarebbero detti favorevoli a toglierle, anche con modalità progressiva. Inoltre, cosa assai importante, è emersa una unanime preoccupazione per l’inizio del prossimo anno scolastico a settembre, poiché sullo sfondo già si prospetta la minaccia da parte degli artefici del regime sanitario, il ministro della Salute su tutti, di far passare la quarta stagione scolastica sotto il giogo delle misure restrittive.
Sta di fatto che due fondamentali categorie della nostra comunità nazionale, rappresentate dai lavoratori privati e per l’appunto dai giovani che impegnati nello studio, ovvero il nostro futuro, subiscono ancora l’insensato obbligo di dover svolgere la propria quotidiana attività con la mascherina. Una misura che, guarda caso, riguarda circa venti milioni di persone che rappresentano di gran lunga, per età, la componente della popolazione che nei riguardi del coronavirus ha sempre corso un rischio assai basso, anche quando quest’ultimo picchiava forte e non esistevano ancora in vaccini.
Adesso poi, con la sua mutazione in forme sempre più benigne, la possibilità che uno studente o un lavoratore possa ammalarsi gravemente a causa delle ultime varianti del Sars-Cov-2 è sempre minore. Non solo, come sta sostenendo da tempo il virologo Andrea Crisanti, che pare aver cambiato completamente approccio, nell’attuale situazione sarebbe addirittura preferibile far circolare il virus tra i soggetti meno esposti, tra cui proprio i nostri giovani, così da ottenere quella ben più efficace immunità naturale che tanto non piace ai nostri talebani al potere.
Una immunità naturale la quale, così come ci è sempre stato spiegato dai virologi più inclini allo studio che non ai salotti televisivi, nei riguardi di altri analoghi virus, come ad esempio quello influenzale, costituiscono una importante barriera protettiva pure nei riguardi della componente più fragile della popolazione. E’ quello che Ilaria Capua, prima che entrasse anch’essa nei circolo degli scienziati allarmisti, ci spiegava che accadesse da sempre nei riguardi dei medesimi virus influenzali. Una sorta di effetto semaforo rosso che si realizza consentendo a questi ultimi di circolare tra chi nel 99,9% dei casi lo prende in modo asintomatico o paucisintomatico.
Una filosofia che in Europa è stata adottata sin dall’inizio dell’eretica Svezia, seguita dopo un lungo periodo e alla spicciolata dal resto dei Paesi europei, tranne l’Italia di Speranza e Ricciardi. Tant’è che siamo gli unici nel Vecchio continente che impongono la mascherina a scuola. Forse a questo punto il Paese una domanda in tal senso dovrebbe porsela. Sicuramente lo stanno già facendo i tanti genitori e insegnanti in rivolta nella provincia di Bologna.
Claudio Romiti, 8 maggio 2022