Politica

Rissa alla Camera, quando i comunisti tiravano pugni

L’elenco delle azzuffate e degli show alla Camera o al Senato è lungo: dal pugno del comunista Pajetta agli schiaffi contro La Malfa

Da 24 ore rimbalzano via social le immagini della penosa rissa alla Camera fra l’On. Iezzi e l’On. Donno, e non solo loro. E via le solite strumentalizzazioni: si cita Matteotti e si grida, con la consueta originalità, al fascismo e allo squadrismo. Eppure cronisti anzianotti, quelli che più di tutti si stracciano le vesti, dovrebbero ricordare che non si è trattato di un unicum, né del più brutto di questi episodi. E nessuno fra gli schieramenti politici può lanciare la prima pietra. Ma dove c’è Giorgia – si sa – c’è fascismo. Tanto che nello zelo ottuso della ideologia perenne si è indetta una mobilitazione delle opposizioni per martedì prossimo in piazza a Roma al grido di “difendiamo l’unità nazionale”: il motivo dello scontro è la riforma del premierato e delle autonomie.

L’elenco delle risse e degli show nel Parlamento italiano è ben lungo e non si vuole stilare una cronologia esaustiva. Già nella Assemblea costituente nel 1947 – quando si dice che il buongiorno si vede dal mattino – dagli insulti verbali tra il monarchico Covelli e il comunista Rossi sulla discussione dell’art. 131 della Costituzione si passò presto ai fatti, oggetti volanti, spintoni, calci e pugni. Ed è questa la prima rissa che si ricordi della storia della repubblica. Solo due anni dopo (1949) il tema caldo era l’adesione voluta da De Gasperi al Patto Atlantico, Dc e comunisti se le danno di santa ragione. Tra i protagonisti Pajetta e Semeraro del PCI che si avventano verso i banchi del governo: si segnalò per prestanza fisica e dedizione alla causa il deputato democristiano Tomba che pare menasse mazzate come non ci fosse un domani. Dovremo aspettare gli anni ’60 a seguito di un intervento in Aula di Francesco Cossiga in favore della guerra in Vietnam che gli valse un pugno in faccia del sempre arzillo e comunistissimo Giancarlo Pajetta.

Altro momento cult (si fa per dire…) arriva in epoca berlusconiana quando è in piena discussione la riforma della Rai, siamo nel 1994. Presidente della Camera Irene Pivetti. Protagonisti questa volta Mauro Paissan dei Verdi che urla ai deputati di Alleanza Nazionale “Tangentari!” e dai banchi della sinistra i soliti “Squadristi! Fascisti!”; a Paissan invece penserà Francesco Storace con un classico degli insulti: “Vergognati frocio!”. Seguiranno tafferugli. L’elenco delle bagarre in Aula potrebbe continuare a lungo. Dalla mortadella sventolata dal senatore di AN Gramazio per la caduta del governo Prodi, agli schiaffi di Emilio Lussu a Ugo La Malfa passando per un caravaggesco Vittorio Sgarbi portato in braccio dai commessi della Camera come in una deposizione del Cristo. Ognuno porta con sé la sua estetica.

La morale è che nessuno può far la morale. Il Parlamento è né più né meno il popolo che rappresenta. Dei papà che si accapigliano per la partita di calcio dei figli di seconda elementare; del tizio che scende dall’auto perché gli hanno tagliato la strada o di quelli che vanno in giro per l’Europa a spaccare la testa a chi ha idee diverse dalle proprie. E il fascismo (e i cretini) è di destra come di sinistra. Nulla di più, nulla di meno.

Antonello Picci, 14 giugno 2024

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