Un imprenditore lodigiano aveva presentato la richiesta di un porto d’armi citando come motivo la sensazione di maggiore sicurezza che avrebbe provato se avesse avuto una pistola addosso. Questo a causa delle grandi somme di denaro contante che girano quotidianamente nelle sue attività, tra cui un bar pasticceria, come riferito da “Corriere della Sera“. Ma la paura del commerciante non è stata ritenuta valida dal Tar della Lombardia. Secondo quanto riportato dalla stessa fonte, il tribunale amministrativo ha respinto la richiesta, sostenendo che l’imprenditore potrebbe ridurre notevolmente il rischio semplicemente limitando la circolazione del denaro contante e utilizzando mezzi di pagamento alternativi, come il Pos.
La decisione del Tar della Lombardia è stata depositata lo scorso 12 ottobre. Anche la prefettura lodigiana aveva negato la pistola al povero ristoratore. E a quanto pare il ristoratore non intende fare ricorso. Per l’avvocato Pietro Gabriele Roveda, che ha assistito il commerciante insieme al collega Luca Lucini, c’erano “tutti i presupposti per la concessione del porto d’armi che il cliente aveva avuto in passato e per questo avevano adito il Tar”.
Il punto non è tanto il richiamo del giudice alla necessità di concedere l’arma solo a fronte “della perfetta e completa sicurezza circa il loro buon uso, in modo da scongiurare dubbi o perplessità, sotto il profilo prognostico, per l’ordine pubblico e per la tranquilla convivenza della collettività”. Quello che fa sorridere è la precisazione sul Pos. Perché certo: se il commerciante incassa con la carta, non ha contanti da portare a depositare in banca. Tuttavia non è l’imprenditore a poter scegliere con quale strumento i clienti decidono di pagare. Cosa dovrebbe fare? Mandare via tutti i clienti che si presentano con gli spiccioli al bar per prendersi un caffè?