Il Covid sta diventando una sorta di escamotage per togliersi d’impaccio buono per tutte le stagioni, anche quella quasi sempre torrida che accompagna il Tour de France. Una Grande Boucle, che quest’anno partirà da Firenze, con ben 4 tappe nel territorio italiano, la quale ha subìto una sorta di colpo di coda da parte del “demoniaco” coronavirus ancor prima del via ufficiale.
Lo statunitense Sepp Kuss, gregario di lusso del trionfatore delle ultime due edizioni, il danese Jonas Vingegaard, è stato sostituito dalla sua equipe ufficialmente a causa della peste dei cervelli del terzo millennio. Secondo quanto riporta un comunicato stampa della Visma Lease a Bike, il ciclista, che nel 2023 ha stravinto la prestigiosa Vuelta di Spagna, “quest’anno non è mai riuscito a trovare il passo giusto e ora è alle prese con un difficile recupero dal Covid e la sua condizione non è tale da consentirgli di prendere parte al Tour.”
In realtà, l’ottimo corridore americano alcune settimane addietro, nel corso del Giro del Delfinato, gara a tappe che rappresenta da sempre un test molto importante in previsione del Tour, aveva dimostrato di essere completamente fuori forma. Tant’è che, avendo rimediato circa mezz’ora di distacco alla vigilia dell’ultima frazione, la sua squadra decise di ritirarlo proprio per preservarlo in previsione della più importante corsa a tappe del mondo.
Evidentemente, però, qualcosa deve essere andato storto nella sua preparazione, cosa assai probabile in uno sport estremamente competitivo, e la Visma ha pensato bene di sostituirlo con il 28enne olandese Bart Lemmen, che ha iniziato a correre molto tardi ed è la prima volta che partecipa ad un grande giro. Ciò dimostra che se la sua squadra ha deciso di sostituirlo con un esordiente, Covid a parte, ciò significa che le condizioni di forma di Kuss sono disastrose, così come d’altronde era emerso in questa parte della stagione.
Tutto questo ci fa sospettare che, come sopra accennato, che la semplice positività per il coronavirus serva da comodo paravento per nascondere qualsiasi tipo di problematiche sportive ed extra-sportive un tantino più scomode. Tanto è vero che, vorrei sottolineare, persino in Italia, il Paese della paura virale diffusa, da tempo la positività al Sars-Cov-2 ha cessato di esentare qualsiasi lavoratore dai suoi impegni lavorativi, essendo quest’ultimo trattato al pari di qualunque altro virus influenzale.
Quindi, ci sembra assolutamente stupefacente che in un settore super controllato, come quello del ciclismo professionistico, in cui gli atleti vengono seguiti in modo scrupoloso sotto molteplici aspetti, nel pieno dell’estate, a circa 5 anni dall’arrivo in Occidente del coronavirus, ci si venga a raccontare la favola nera di un campione appiedato dal “diabolico” virus cinese. È veramente roba dell’altro mondo.
Claudio Romiti, 27 giugno 2024
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