Speciale elezioni politiche 2022

La corsa al voto

Roberto Speranza, il comunista onirico a trazione cinese

Speciale elezioni politiche 2022

Con Speranza è un casino. Perché dovendo parlare di lui, o menti o dici il vero: e in entrambi i casi ne esci male, dici cose sgradevoli. Puoi dire, come fa Draghi al meeting di potere di CL, che è un grandioso ministro della Salute: ma un premier forse può permettersi di non tenere vergogna, se invece fai il cronista un minimo di decenza la devi conservare. Oppure puoi dire la verità e a quel punto ti ritrovi coperto di conseguenze: perché l’esimio personaggio non gradisce, comprensibilmente, essere messo allo specchio.

E allora che dobbiamo dire qua? Ricordare la gestione efferata della strategia anti Covid? I rapporti critici, subito, presto, di Francesco Zambon subito insabbiati? La preoccupante classe burocratica che lo circondava, al ministro, da Ranieri Guerra a Ricciardi? I protocolli sciagurati, l’attesa “vigile” a base di tachipirina, la sistematica guerra non al Covid ma a tutto ciò che lo avrebbe arginato, dalle cure domiciliari agli antinfiammatori, chiamali fans, chiamali come ti pare, gli anticorpi monoclonali, l’uso compulsivo e irrazionale delle mascherine, il feticcio del vaccino, sfrenato, fanatico, pericolosissimo, la smania e la mania del lockdown, da rinnovare sempre, da rivestire di nuove sfumature di orrore, prima sanitario, adesso anche energetico, poi ambientale, poi sempre, per sempre?

Speranza di per sé non esiste. È un comunista onirico, stordito di suggestioni ammuffite nella provincia profonda e narcolettica, strappato ai peggiori bar di Potenza, a una seggiolina da assessore a qualche cosa, stato catapultato in un posto strategico e questa non è colpa sua, salvo che il senso di responsabilità avrebbe dovuto sconsigliargli di accettare: ma il senso di responsabilità, specie nei politici, che aspirano al potere, è come il coraggio di don Abbondio con ciò che ne consegue e qui la colpa somma è di chi ce l’ha messo in nome delle maledette logiche lottizzatorie: prima Conte, dopo Draghi; e del Colle, che se c’è da invadere a piedi uniti non si tira mai indietro ma nel caso specifico ha sempre funzionato da blindatura; ma un capo dello Stato non dovrebbe essere lì anche a dire: eh no, c’è un limite, quando è troppo è troppo?

Fatto è che Mattarella approvava e dunque sosteneva ogni e qualsiasi opzione, fino alle più avventate, di questo articolo che di per sé no, non esiste, è un utensile di D’Alema e di Bersani, i comunisti del secolo scorso, che l’hanno messo a guidare un partito che non c’è, Articolo 1 come chi lo rappresenta, uno solo, come una costola, malsana, del Pd a trazione cinese, senonché la (via della) Seta in questo caso non ha accarezzato ma strangolato.

Ed ceco, qui c’è un fatto interessante, che nel profluvio di critiche al ministro sghembo, nessuno forse ha mai rilevato: la totale, assoluta, spaventosa assenza di empatia, di pietà per i milioni di sacrificati: prima, durante e dopo. Più la verità emerge, scandalosa, vergognosa, e più Speranza insiste: ancora più mascherine, ancora più chiusure, e quando rantola “l’emergenza non è finita” ci senti qualcosa davvero di non spiegabile, di non regolare. Speranza è dopato di ideologia e forse di voglia di rivalsa, questa era la sua occasione e la “salute pubblica” aveva in sé qualcosa di sinistro, alla Mao, qualcosa che si poteva tranquillamente piegare nel suo opposto se le circostanze lo richiedevano.

Dice qualcuno: ma non è colpa sua, anzi lui l’ha ammesso, in quello straziante samisdaz fatto sparire il giorno stesso dell’uscita, l’ha raccontato che ha avuto una infanzia traumatica, solitaria, che la vista di due persone lo angoscia, che non sopporta il traffico, che ha paura di tutto e di niente (ma non delle conferenze stampa e dell’ambizione al potere): quando è così, uno così non lo metti a curare, se mai a farsi curare.

Sostiene oggi il ministro speriamo in scadenza che loro, cioè lui, hanno subito spinto per gli antinfiammatori, che sono stati i primi al mondo e i più incisivi. Fandonie talmente colossali che non è il caso di smentirle, del resto ci hanno già pensato in tanti, abbeverandosi alla Rete che non si perde niente. Come quando a scuola il compagno difficile ti dice che il sole sta sottoterra e il cielo è dipinto di verde e più gli opponi l’evidenza e più lui s’incaponisce: io dico così e la mia verità vale la tua. Ma il bambino difficile in questo caso aveva un potere, sia pure derivato, e sapeva che la verità del potere è più vera delle altre.

Ora tutto lascia pensare che questa inedita figura di ministro sghembo, che ha costernato e anche scioccato il mondo (i titoli della stampa internazionale sull’ “esperimento italiano di stampo cinese”), tornerà ai peggiori bar di Potenza: sempre ammesso che le dannate logiche politiche, che il Colle, che il fallimentare Letta, che un inopinato governo di criminalità nazionale non lo mantengano dove sta o in qualche altro posto. Sarebbe una sciagura, ma alle catastrofi siamo assuefatti, specie in questi ultimi due anni e mezzo ci hanno intossicati al punto da rendercene dipendenti come drogati. Molti dicono sui social: noi non dimenticheremo, rivolti a questo volto a suo modo truce nella sua indisponibilità a riflettere, a ragionare, a correggersi.

E vorrebbe essere un monito, forse una minaccia e invece è una ammissione di impotenza: no, non potremo, nessuno potrà mai dimenticare questo trauma infinito, questo trionfo della follia e della incompetenza e della malizia che si saldavano, questa guerra non dichiarata, incomprensibile, crudele, per cui dovevamo, e ancora dobbiamo, viaggiare mascherati, soffocando, e potevamo prendere un caffè in piedi ma non seduti, sotto una tettoia ma non al bancone, e le guardie ti inseguivano in spiaggia, e intorno avevi disagiati contagiati dalla paura irrazionale di morire che nuotavano in mare con la mascherina e si affogavano, avevi disgraziati che guidavano da soli, i finestrini chiusi, a 40 gradi, con la mascherina, e non si poteva più uscire, respirare, e dovevamo stare agli autoarresti domiciliari, e le famiglie si disgregavano, e i giovani impazzivano, e gli insegnanti si deprimevano, e la gente si dava all’alcool, alla droga, e sui balconi non cantavano più “andrà tutto bene, bella ciao”.

Nessuno cantava più e tutti piangevano e molti si spiavano come topi di fogna, e la società è scoppiata in milioni di schegge egoiste, mors tua vita mea, e un milione di attività saltavano in meno di tre anni, e fuori le campane suonavano a morto, per centosettantacinquemila morti e chissà quanti se ne potevano evitare, e i corpi venivano bruciati senza autopsia, e i convogli li portavano via, e i telegiornali di regime soffiavano sul terrore magico, confondevano, mentivano, cantavano le lodi di uno che, l’ha detto lui, l’ha scritto lui, considerava tutto questo una occasione più unica che rara per rifare la società in senso comunista, qualcosa che suonava già aberrante duecento anni e si sarebbe dimostrata terrificante alla prova dei fatti fa ma se si ripresenta l’occasione, a dispetto di tutto, perché non afferrarla?

Max Del Papa, 10 settembre 2022