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L'addio di Roger

Roger Federer, il suo tennis spiegato in tre match

L’addio dello svizzero è ormai diventato realtà. Il giocatore che ha cambiato per sempre la storia di questo sport

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Possiamo veramente dirlo? Sì, abbiamo vissuto l’epoca del più forte tennista di tutti i tempi. Non solo perché detiene il record di vittorie, nel torneo tennistico più prestigioso al mondo, Wimbledon; non solo perché ha trionfato in qualcosa come 103 titoli professionistici in carriera; ma perché ha rivoluzionato il modo di giocare di questo straordinario sport.

Eleganza, raffinatezza, sensibilità. Sono solo alcuni degli aggettivi che, per più di vent’anni, si sono legati, mischiati, intersecati con la classe tennistica di Roger Federer. Un dritto classico, che è riuscito a trionfare sul progressivo sviluppo tecnico delle racchette; un rovescio ad una mano, migliorato sempre di più nel corso degli anni; una straordinaria capacità di giocare d’anticipo a fondo campo. Tutto ciò ha reso il suo tennis geometrico, lineare, quasi volendo delineare le leggi della fisica. In due parole: unico ed irripetibile.

Federer è l’avversario che non vorresti mai trovarti al di là delle rete; il campione che riesce a concretizzare il colpo inaspettato, la volée che qualsiasi altro giocatore non sarebbe mai riuscito a pensare o immaginare. Come disse Andy Roddick, tre volte finalista di Wimbledon (2004, 2005, 2009: tutte e tre perse con Re Reger): “Ho provato a batterlo tirando un lavandino e mi è tornata indietro una vasca da bagno”. Il King non aveva punti deboli: numero uno per 302 settimane consecutive, primo giocatore a vincere tre tornei del Grande Slam nello stesso anno (ripetendo l’impresa nel 2006 e nel 2007), uno degli otto tennisti che ha completato la Career Grand Slam, ovvero la vittoria, almeno una volta, di tutti e quattro i tornei più importanti di questo sport.

Insieme al grande amico e rivale sportivo, Rafael Nadal, ha occupato ininterrottamente i primi due posti della classifica Atp per quattro anni, consacrando la bellezza del tennis nelle finali di Wimbledon 2007 e 2008. La prima, vinta dallo svizzero in cinque set; la seconda, invece, dallo spagnolo, interrompendo il dominio di Roger, vincente delle cinque edizioni precedenti.

Ma è proprio quest’ultimo incontro, seppur si tratti di una sconfitta, ad essere tra i match più apprezzati di Federer e della storia tennistica mondiale. Il Re, sotto di due set, riesce a pareggiare i conti, annullando due match point, di cui l’ultimo con un passante da togliere il fiato. Ma non basta: dopo 4 ore e 48 minuti (la finale più lunga di Wimbledon per 11 anni), mentre calava il buio sui cieli di Londra, arrivava la prima vittoria di Nadal sul manto erboso, che lo vedrà trionfare anche due anni dopo. Piangono tutti: Roger, per la sconfitta; Rafa, per la vittoria, consapevole di essere entrato nel gotha del tennis. Il pubblico è in delirio.

Sì, perché quel successo ricorda un po’ quello di Federer contro Pete Sampras, nel 2001. Una tempesta ed un trionfo inaspettato. Il giovane, ai tempi ancora sconosciuto, che batte il campione, il sette volte vincitore di Wimbledon, record frantumato solo nel 2017 dallo stesso Roger. È proprio quella partita di vent’anni fa che ha dimostrato al mondo chi è il Re del tennis, chi poteva prendere le redini di questo sport, chi poteva essere l’unico degno erede di un mago come Sampras.

Sette anni dopo, il 6 luglio del 2008, alle 14.35 londinesi, prendeva avvio il più grande match di sempre. La bianca eleganza contro il muscolo; il destro contro il mancino; le urla contro il silenzio; la potenza contro la calma. Quel pomeriggio, il tennis è sublimato, ha abbandonato il mondo terreno per avvicinarsi all’ontologico, all’irreale, alla fantascienza. Anni dopo, l’arbitro che guidò l’incontro, Pascal Maria, disse: “Se avessi potuto, avrei assegnato il titolo ad entrambi”. Ma quella volta fu Federer a lasciare lo scettro a Rafa, seppur solo per un anno.

Quattordici anni dopo quella sfida memorabile, i due si sono ritrovati dallo stesso lato del campo, per celebrare l’addio al tennis del Re, durante la Laver Cup. Il risultato del match non contava: ognuno si è seduto sulla poltrona per ammirare, ancora un’ultima volta, la coppia che ha fatto emozionare l’intero pianeta, l’eterna sfida, la dicotomia tra due rivali, rapportati da una profondissima stima ed amicizia.

Ieri sera, lo stesso Nadal si è lasciato andare ad un pianto liberatorio, una volta che l’addio di Roger era divenuto realtà. Un’ondata emotiva travolgente, non solo per i tifosi, ma per tutti gli appassionati sportivi a livello globale. Maradona e Pelé, Borg contro McEnroe, Lauda e Hunt; da ieri sera, lasciamo spazio anche a Federer e Nadal. Una rivalità sportiva, che entra ufficialmente nelle pagine più belle della storia mondiale.

Matteo Milanesi, 24 settembre 2022