Roma e Milano: cosa c’è dietro il suicidio del centrodestra

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Esiste un centrodestra? Verrebbe da dubitarne: divisi per collocazione (dentro o fuori il governo?), per strategia, per approccio, per sensibilità verso il lockdown, i partiti della coalizione che non sembra esserci si trovano d’accordo, ma neanche del tutto, solo sulle battaglie di retroguardia come la reazione al ddl Zan che serve al Pd per creare “la nuova egemonia”. Dal lato propositivo non ci siamo proprio o meglio non ci sono: dove stanno gli accordi, i candidati a sindaco per le massime città del Paese?

Il disastro di Roma

Questo centrodestra che forse c’è ma non è detto, incassa più che altro rifiuti e nemmeno troppo cortesi: Albertini a Milano l’ultimo, mentre Bertolaso su Roma sta lì ma con l’aria del cireneo pronto a buttare la croce. Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia sembrano andare più che altro alla cieca, pur che qualcuno si trovi, ma senza convinzione, senza la necessaria determinazione a prendersi queste città da tempo sgovernate dalla sinistra. A Roma si può capire, fino a un certo punto: rimettere ordine nella palude capitolina, specie dopo il mandato della Raggi, è impresa da non augurare al peggior nemico. Poi, si sa, a Roma da sempre comandano tutti tranne il sindaco, puramente ornamentale, tenuto ad osservare tutti i diktat dei centri di potere che gli stanno intorno, da quelli legali o paralegali a quelli malavitosi e mafiosi, fino agli altri coperti e irriferibili. Sì, volendo si può anche capire, ma uno schieramento che non ha il coraggio di battersi per la Capitale, che schieramento è?

La sfida di Milano

Discorso diverso per Milano, che resta, bongré malgré, una piazza simbolo e quello che rimane del dinamismo industriale e produttivo, delle immani colonne di granito che secondo Bocca rappresentavano il potere vero, quello dei soldi e “Milano che banche, che cambi” per dirla con Lucio Dalla. Non è solo questo ovviamente, c’è tutta la filiera imprenditoriale e dei servizi di cui prendersi carico, in una metropoli abbruttita, invasa e con enormi problemi di corruzione e ritardi, di infiltrazioni e disservizi ma che comunque sia conserva un residuo orgoglio municipale, non smette mai di reinventarsi e ha bisogno di una guida sicura, affidabile. Senonché in Lombardia i passi falsi, le delusioni non sono mancate in questi anni e soprattutto nell’ultimo, allucinante, di pandemia. I Fontana, i Gallera lasciano strascichi difficili da smaltire, le colpe della Regione ricadono sul Comune che ne ha già di proprie.

Malgrado questo, nella partita di Milano e Roma il centrosinistra pare agguerrito e stringe i ranghi insieme al grillismo di ridotta mentre dall’altra parte restano esitanti, coperti, senza candidati pesanti; forse saranno divisi pure su questi, anzi senza forse, ma insomma dove stanno? Brutto, pessimo segnale, di debolezza, di stanchezza, quasi di disinteresse. C’è come un ripiegamento, un vittimismo che porta a lagnarsi regolarmente dei poteri forti, del regime, della prepotenza di sinistra, atteggiamento perdente che non contempla l’ipotesi inversa, non lagnarsi ma governare questi poteri, entrare davvero nel gioco e affrontare le difficoltà. Invece se ne scappano. Soluzione suicida e non solo a livello amministrativo, che sarebbe già abbastanza. Un centrodestra così ripiegato, così balbettante a livello di governo cittadino finisce per scoraggiare anche in prospettiva politica e questa disaffezione, se ne accorgano o meno i suoi leader, è già cominciata, basta scorrere gli amati social: sempre più gente che non si capacita, che abbandona, che non si riconosce in una coalizione fantasma, che scrive senza mezzi termini: questi fanno di tutto per non vincere proprio. Da lì a considerarli anche loro interessati solo alle personali poltrone, ai vitalizi, dalla coalizione alla colazione, è un attimo.

Max Del Papa, 7 maggio 2021

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