
Rose Luini in arte Villain, e “la crèma ha fatto miracoli”, è una privilegiata del Festival. Fioccano interviste che non sono interviste, sono agiografie per lo più truccate con faceapp, utilizzata in speie da Silvia Fumarola di Repubblica che getta un bel fumo negli occhi di chi legge, ma sono pochi, sempre meno, ormai Repubblica fa meno audience dell’Appennino Camerte e accende meno opinioni del giornalino parrocchiale.
Ma parrocchietta di sinistra rimane e il confronto con la Maria Rosa del Ragazzo di Campagna offre passaggi traumatici: è il tète a tète di due voci banali, l’orgia dei luoghi comuni, la sagra del cliché, la fiera del deja vu. Già il cappello, “sorriso da bambina, corpo da Jessica Rabbit”: ma che è? Ma che davvero siamo alla quinta elementare? Comunque questa Luini Villain si è montata la testa, molto, “ho incontrato Amadeus in aereo e gli ho detto: tu mi hai cambiato la vita”. Un’altra nefandezza sulla fedina morale di AmaCiuri. Ma capite, la Maria Rosa gira in aereo, siccome è preoccupata per il pianeta. Quest’ennesima operazione da ufficio stampa è il trionfo del pollo morente di nome woke, altresì il conformismo degli innocenti, poveretti loro che non sanno quello che dicono. Ma forse è meglio degli insipienti, dev’essere di una noia mortale questa brianzola molto presuntuosa, molto artefatta, molto colorata nel privato, tra un aereo e l’altro, tra un Festival e l’altro.
L’anno scorso era a Sanremo, quest’anno è a Sanremo, la stagionata giovincella, 36 anni, è già suppellettile dell’Ariston, sapete, di quelle che cambiano i regimi, i presentatori, le epoche, ma loro sempre lì: nel Festival Venti Settantacinque sarà ancora lì, per chi sopravviverà (non chi scrive, sia ringraziato Iddio). L’anno scorso portava una faccenda intitolata Clic Boom, roba di spessore, è arrivata praticamente ultima, ventitreesima, ma per Fumarola è stato un successo: triplo disco di platino, omettendo che il platino scatta a 50mile copie comprendendo il virtuale delle piattaforme, i clicchettini, e per un singolo è acqua zuccherata. Ma lei “ama da morire” il capolavoro di quest’anno che credo si chiami Delinquente, o Fuorilegge.
No, Fuorilegge. Sarebbe a dire? Eeh, la crèma ha fatto miracoli! “Parla del desiderio, del momento logorante della passione che speri possa durare e tenere vivo l’amore. Esplorare le emozioni è estenuante. L’attesa, prima che tutto accada, è sempre bellissima ma ti consuma. Ti fa fare cose folli per cui esci fuori di testa e dalle righe. Una sensazione magica, che ci fa sentire vivi”. Va beh, abbiamo capito, il nulla in una lattina di niente sottovuoto spinto, la solita puttanata per l’estate. Pare ci sia da qualche parte, forse sulla copertina, un bestemmione cioè la citazione di Mia Martini, roba da confino dantesco a vita. Luin Villain non tiene vergogna: “Sono fan di Mia Martini, anzi di più. È una mia grande icona”. E già una che si esprime così. La grande icona. Perché, c’è anche l’icona piccola, quella delle chiese ortodosse russe? La grande icona, ma per la Madonna! Fumarola non si scompone e veleggia, da competente, su temi più densi, “Parlando d’amore: ha più inseguito o e più stata corteggiata?”.
La risposta della Maria Rosa, che ha fatto la torta, e dopo la crema ha fatto miracoli, no, scusate, se volete ve la andate a leggere, così Repubblica s’illude d’esistere: il vostro cronista non ce la fa, perché va bene il senso professionale ma c’è un limite a tutto. E poi dopo la chemio mi hanno sconsigliato gli zuccheri in esubero e qui è roba che ammazza un bue, figurati un povero cristo che deve seguire Rose Villain.
Disgraziatamente, la Maria Rosa si crede qualcosa e parla di cose che non dovrebbe nominare, Lucio Battisti, Pino Daniele, manco li frequentasse a pranzo e a cena, tipo Aretha con James Brown. Non contenta, infila una gaffona tracotante, e grottesca: parla di Chiello (kikazè) e arriva a definire Gianna Nannini “una leggenda del passato”, poi aggiunge: e del presente”. Signore, perché devi perdonarli se non sanno quello che dicono? Fumarola è implacabile, i suoi input agghiaccianti: “Cosa le dà la musica?”. E la risposta è un auto da fè: “Sono banale, ma è l’aria che respiro, la cosa che ogni giorno mi fa alzare felice e mi mette l’adrenalina addosso”. No ma non ti buttare giù così, perché? Non sei mica banale, no, sei scontata in un modo efferato. Dài, puoi fare meglio di così. Infatti lo fa: “Ho un lato ho un po’ maschiaccio a cui voglio bene, ma col passare del tempo mi sento molto donna, sicura di me. Non mi sono mai sentita così bene come adesso: potente e combattente”. Ma è Luin Villain o Imane Khelif?
Fumarola ci illumina sulla Maria Rosa “si presenta come una cattiva ragazza ma suo padre è imprenditore; suo nonno partigiano, Biagio Melloni, è una figura importante. Ha studiato a Los Angeles, vissuto a New York, è cittadina del mondo”. Insomma la tipica ereditiera viziata che si percepiva artista e l’hanno accontentata. I soldi van dietro ai soldi, se ne hai ti comperi il successo che non è questione di pubblico ma di investimenti nella sovrastruttura dei manager, dei discografici di potere, culo e camicia con la politica, non troverete mai uno del business musicale che a vario titolo non bazzichi le stanze che contano; e questo è Sanremo, questo e niente altro. Villain Luin ha forse, fra tanta spocchia, un affiorante complesso d’inferiorità e non resiste dall’informare, lei, Fumarola che legge tanto, il nonno partigiano ha fondato le librerie Remainders, resistenza e capitale. Poi dicono che i libri aprono la mente, mah, sarà.
“Sono figlia della parola”. E qui uno evita, se no gli prudono le dita di tentazioni linobanfesche. La densità cresce, cresce, siamo al livello delle interviste ai contemporanei, tipo Baltrusaitis: “Suo padre cosa sognava per lei?”. “Non ha mai provato a indicarmi la via, perché ce l’avevo chiara fin da subito. Ha seguito la mia passione silenziosamente. Un grande papà”. Te credo, che bisogno c’era se la via era già tracciata? La via della seta, la via dei dollari/euro. Grande, strano papà: “Viene ai miei concerti ma non conosce neanche una mia canzone”. O è distratto o è un saggio, quest’uomo. Rosa Rose “vivo di musica ma sono anche un po’ imprenditrice”. Un po’. Appena appena. Non fosse mai che l’attitudine mercadora soffochi l’estro armonico “Ho lanciato la mia linea di bellezza green, Good Villain. Beauty gentile con un’etica dietro, un’attenzione agli ingredienti vegani, tutto made in Italy, 100% riciclabili.
Avendo vissuto tanto a New York, sognavo di fare la mia linea, ci ho messo due anni. Un lavoro faticosissimo”. E così anche il momento influencer è esperito, a Repubblica sono dei veri professionisti, quello che è giusto è giusto. Ma, sistemata la paccottiglia, torniamo alla promozione hard, al core business: “Il 23 settembre la aspetta il Forum di Assago. Sente il peso delle aspettative?” “Vado dritta per la mia strada. Il Forum non mi fa paura perché sono pronta; potrei sedermi adesso a un tavolo e scrivere una canzone”. Ecco, queste sono le insidie, qui c’è una cellula impazzita para-musicale, questa come niente ti fa un attentato sonoro che ne ammazza quarantacinque al primo ascolto. Certo anche Fumarola non scherza, Marzullo le fa un baffo: “La creatività è libertà?”. Villain Heidegger, ma forse più Heidi, ricompone la problematica risolvendo l’aporia: “La creatività sono le ali ma è anche la gabbia”. E qui soccorre Giovannone, il sottohoho del Mascetti, quando arrota i coltelli (reperibile su youtube).
Fumarola implacabile, ormai è lanciata, un missile muskiano: “Che impressione le fa essere diventata un simbolo per le giovanissime?”. Questo lo dice lei, sbotterebbe don Fabio Capello ma Villain prontissima ci si fionda: “Non mi sento un punto di riferimento. Ma credo che quando hai una voce e la gente ti ascolta, sia giusto dire qualcosa di buono, informarsi, puntare sulle cose positive”. Villain se la canta e se la suona, fa la cantautrice, come scherzava Jerry Calà con Marina Suma. Ma “Che pensa delle polemiche su Tony Effe?”. “Le polemiche sul rap, sulla violenza, ci sono sempre state. Sono contenta che il rap arrivi a Sanremo. Con Tony siamo amici, è un bravissimo ragazzo. Quando si scrive è cinema e lo è anche la musica. Non mi sono mai sentita attaccata da testi così. Allora non si possono guardare i film di Tarantino? Sono certa che le ragazze che vanno a vedere Kill Bill poi non girano con la katana. Secondo me bisogna preoccuparci di più quando tagliano i fondi per i centri anti-violenza”. Che è un modo abbastanza stupido, abbastanza ignobile di scantonare.
La realtà è che Villain se la tira da femminista ricca e fa la compare di uno che canta di come squartare o sottomettere le femmine. Quindi se io, ovviamente faccio per dire, anzi per iperbole, come diceva la Murgia, adesso scrivo un pezzo su come è bello violentare e magari far fuori una apprendista cantante a caso, considerandola, che so, una cagna, una cosa, Villain approva? Siamo al cinema? Siamo tutti bravissimi ragazzi? Cialtroneggiar argomentando. E qui, con un vago sapor di nausea che rigurgita, la smettiamo, tanto la “intervista” è una canzone strofica, è circolare, sempre le solite frescacce da “vorrei tanto farmi una famiglia” (e chi te lo impedisce, anzi procedi, almeno ti dedichi ad altro), a “sul palco mi piace sedurre e sentirmi donna, non sopporto quando sminuiscono il mio talento solo perché sono bella: è sessualizzare”.
Sono brave queste qua: si presentano come al tabarin, o al saloon, e poi si offendono siccome uno se ne accorge. Si vogliono sentire donne ma non essere considerate donne. Ma andassero affanculo tutte, in blocco, senza eccezioni, tanto non le distingui, non hanno uno straccio di personalità, un refolo di talento, un sospetto di carisma, un’ombra di spessore. Questa è la verità. Ma come fai a prendere sul serio una che considera “un lavoro faticosissimo” farsi inventare una linea di prodotti di bellezza “con un’etica dietro”? Una che, se cammina per Napoli, “si sente uno scugnizzo”? Ma tutta ‘sta paginata di fumo, anzi di Fumarola, è propedeutica alla seconda cosa che conta davvero (la prima è il merchandising villainesco): “Cosa pensa di Giorgia Meloni?”. “Penso che le donne in una posizione di comando in politica possano fare molto, figuriamoci. Ma credo che potevano esserci tanti uomini che avrebbero lottato per le donne e i diritti umani molto più di lei. No, non è il mio modello”. E figurati se tu il nostro. Io ve lo dico, da questo Sanremo non usciremo vivi, e non è neanche iniziato.
Max Del Papa, 8 febbraio 2025
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