L’era Joe Biden sta per terminare e non passerà alla storia con accezione positiva: su questo non ci sono dubbi. Non ci riferiamo ai temi economici, agli interventi iper-progressisti o alla gestione della pandemia. Il più grande fallimento del capo della Casa Bianca uscente è legato indissolubilmente alla politica estera: con lui sono scoppiate due guerre – quella in Ucraina e quella in Medio Oriente – senza dimenticare le altre dinamiche di tensione, basti pensare alla Cina.
Dopo aver battuto Trump, Biden ha deciso di distruggere tutto il lavoro fatto dal tycoon, con conseguenze pressoché esiziali. Come da tradizione dem, il presidente ha configurato l’America come poliziotto globale, accendendo i riflettori sull’immortale scontro tra democrazie e dittature. Washington che esporta democrazia, il ritornello è sempre lo stesso: una missione, un obbligo. E le ripercussioni sulla pace mondiale le stiamo vedendo – ancora una volta – in queste ore.
Supportato dal Consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan – secondo molti il vero stratega della politica estera – Biden ha iniziato il suo mandato nel peggiore dei modi. Come dimenticare l’abbandono a dir poco caotico dell’Afghanistan dopo venti anni di occupazione militare, mossa autolesionista che ha lasciato campo libero al ritorno dei talebani. “Dovevo scegliere se rispettare un accordo sul ritiro preso dal mio predecessore o continuare a combattere i Talebani e rimandare migliaia di soldati di nuovo in Afghanistan a combattere. Io difendo pienamente la mia decisione”, la versione di Biden. Una Caporetto. Ma il peggio deve ancora venire.
Anziché proseguire il lavoro fatto da Trump nei rapporti con la Russia, Biden ha alimentato sempre più la tensione con Mosca. Emblematico il rifiuto di cercare una soluzione negoziale condivisa alla frattura apertasi nel 2014. L’avvicinamento dell’Ucraina alla Nato – mai smentito – ha spinto Vladimir Putin alla folle decisione di invadere il Paese di Volodymyr Zelensky. E in quel momento Biden ha commesso un altro errore: anziché provare a sanare una spaccatura già profonda, ha gettato benzina sul fuoco. Già nelle prime ore del 24 febbraio del 2022 si schierò al fianco di Kiev a senso unico, trattando Putin come un nemico – anzi il nemico – e isolandolo totalmente dall’Occidente. Pace compromessa, ma non solo: Mosca ha rinsaldato i rapporti con la Cina, rafforzando l’asse anti-occidentale.
I “regali” di Biden non sono terminati. L’amministrazione dem da lui guidato ha compromesso anche la stabilità in Medio Oriente. Se Trump aveva lavorato a lungo agli “Accordi di Abramo”, siglati nel 2020 tra Israele, Emirati Arabi e Bahrein con l’obiettivo di riavvicinare Tel Aviv ai paesi più influenti dell’islam sunnita, e soprattutto all’Arabia Saudita. Una grande intuizione per tenere a distanza i Paesi estremisti come l’Iran ed i vari movimenti legati a Teheran come Hamas e Hezbollah. Ebbene, Biden ha destabilizzato l’area da ogni punto di vista. L’attuale leader della Casa Bianca ha allontanato Washington dai sauditi, riallacciando il dialogo con l’Iran.
Messa la “x” sul percorso di pace impostato da Trump per il Medio Oriente, Biden ha di fatto aiutato la formazione della coalizione anti-Occidente. L’ostilità con la Russia ha spinto Mosca a troncare gli ottimi rapporti con Israele, spingendo Putin a rafforzare il legame con l’Iran, testimoniato dai ripetuti scambi di armi. Se con Trump gli Stati Uniti rappresentavano un equilibratore a livello internazionale, con Biden c’è stata un’inversione di tendenza che nuoce alle nostre democrazie, con il potenziamento di quella guerra mondiale a pezzi che rischia – da un momento all’altro – di compattarsi. Come se non bastasse, la fallimentare gestione è un punto di riferimento di Kamala Harris, pronta a riproporla in caso di vittoria alle elezioni di novembre. Una cosa è certa: il mondo che ci lascia Biden è un gran casino.
Franco Lodige, 2 ottobre 2024
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