Salis supera se stessa: “Il carcere è razzista”. Come, scusa?

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Salis

Io non so se chi legge questo sito, ma almeno alcuni sono sicuro di sì, ricorda una meteora africana a metà degli anni Settanta, era il cantante Afric Simone che trovò un successo clamoroso quanto effimero con una canzonetta che faceva: a ding a ding a ding, hahaha! A ding a ding a prrr, Ramaya! Dopodiché cominciava a farne di tutti i colori, finendo invariabilmente per sollevare una seggiola coi denti facendola girare. Perché mai un nero dovesse indulgere ancora in quell’epoca già post moderna al Ministrel, alla caricatura di fine Ottocento, mi sfuggiva e mi disturbava: che bisogno c’era? E il primo razzista, contro se stesso e la sua gente, mi pareva proprio lui, il simpatico Simone. La sto tirando in lungo con argomenti “alti” per nobilitare l’ennesima, deprimente, disperante, delirante sparacchiata della compagna Ilaria Salis, intercettata da Francesca Totolo: “Il carcere è razzista perché il 75% dei detenuti è straniero”. Papale papale. Senza filtro. Vicino a lei, annuiva pensoso lo Zerocalcare, un nome un’autobiografia. In analisi logica, Salis non dimostra Salis ma dimostra Calcare: per dire che una è come è e se è come è, è inutile fargliene una colpa; ma chi invece ci si accompagna, quello non ha alibi.

Il carcere è razzista siccome i delinquenti sono per lo più etnici, esotici. A questa stregua, considerare il balordo Moussa che ha squartato la povera barista Sharon “perché mi andava così, perché mi fa sentire bene” un criminale, un assassino, sarebbe razzista: capolavoro di logica giuridica, di civiltà e di filosofia da centro sociale. Perfezionato dal seguente corollario: “Non me ne frega niente se Salvini va in galera”. Cioè sono contenta, cioè non aspetto altro, cioè che aspettano i giudici (non aspettano, non stanno nella pelle, sono più su di giri di Rocco Siffredi perché finalmente possono completare il cerchio aperto 5 anni fa, ricordare le intercettazioni di Palamara? “Siamo indifendibili, Salvini sta facendo solo il suo dovere”; “Certo, per questo dobbiamo distruggerlo”, seguirà governo tecnico e ministero delle politiche sociali per Ilaler Salis, della Marina mercantile per Casarini, della cultura a Saviano, delega ai servizi segreti per Maria Pompea Boccia).

https://x.com/fratotolo2/status/1835786935664841090?t=7hs6O1dqlIlG9nLSuMhAig&s=08

Tesi, antitesi, sintesi: il carcere va abolito in quanto razzista, ma se ci mandi Salvini non è più razzista e quindi non va abolito. Corollario: basta con le menate, riprendere la spranga e ricominciare con la cara vecchia caccia al nazi trattino fascista, cioè a tutti quelli che ci gira a noi di sfasciargli la testa come Meloni, ogni riferimento si direbbe niente affatto casuale. Il Michele Reich (secondo, terzo o quarto?) approva tentennando gravemente la testolina calcarea. Questi qui, trentamila al mese per ‘ste perle? Dico “questi qui” perché prima o poi, vedrete, tocca pure al Calcare, questo che spitturacchiando senza particolare talento ha trovato un modo per rimpinguare il forziere: l’intendenza parlamentare seguirà.

Basta con la galera: per me e per i compagni criminali di tutto il mondo, unitevi che finalmente ‘sta cazzo di rivoluzione comunista la facciamo, come ci incitava Toni Negri: se è fallita via classe operaia, la ritentiamo via classe migrante. Auguri, ma la rivoluzione a prato basso, sfociata come piace sempre ai comunisti in un bagno di sangue o almeno pozzanghere insanguinate, regolarmente di povere criste, di povera gente davvero proletaria, ecco, questa farsa miserabile sta abortendo, ed è l’unico aborto che dispiace alla sinistra salesiana: dappertutto, dall’Europa, in ogni suo singolo Paese, agli Stati Uniti, in ogni loro singolo Stato, partono i rimpatri: l’inclusione ha fallito, chi arrivava non portava cultura ma, nei casi migliori, pochissimi, assorbiva quel che restava della “nostra”, quando non scateneva una subcultura tribale, antisociale, violentissima e ciminale, la follia per cui bastava definirsi migrante, richiedente asilo, non regge più, in compenso regge la sharia, la jihad in tutto l’Occidente, e adesso si prova a richiudere un vaso di Pandora colossale, chi “deportando” (gratta il tedesco e trovi l’imbianchino), chi pagando (la Svezia è il più cretino dei Paesi nordeuropei, al netto della finnica Sanna).

A sostenere simili scempiaggini son rimasti i salesiani, quelli di Bonelli&Fratojanni, la Schlein, i centri sociali e i magistrati di Palermo, che si direbbero tutti la stessa roba. Il resto del mondo, deo gratias, rinsavisce. Come per l’auto elettrica che esplode sotto il culo e brucia chi ci sta dentro, come per un mucchio di altre cose, di altre energie e di energie “altre”. Che spreco di energia! Ma Ilaler la Calcarea insiste: fuoco ad ogni carcere (a meno che non vi finisca Salvini)! Perché il carcere è razzista, contiene delinquenti del mondo.

Io son reduce da un viaggio in treno, al solito omerico, dove almeno ho assistito a un apologo: un africano erculeo, sui 3 metri, palandrana viola, piedoni smisurati fuori dai sandali, non la smetteva di parlare al telefono, altri viaggiatori mi hanno confidato che aveva cominciato a Lecce: non avrebbe smesso neanche scendendo in Centrale a Milano, chi sa che cazzo aveva da dire, forse parlava con la pompeiana esperta e si scambiavano segreti filmati dagli occhiali. Un trapano in carrozza, un martello degli dei, “agnegnegne, djebbe djebbe dje, mutanda mutanda”, i viaggiatori volevano buttarsi dal finestrino. Nessuno fiatava. Solo una poveradonna, a un certo punto, non ce l’ha fatta più e ha invocato un minimo di tregua, che il tipo non sputava per terra: non l’avesse mai fatto, il gigante s’è alzato, le si è fiondato addosso, per poco non la pestava: “Tu! Che vuoi! Tu mi tratti così perché sono di Affrica, ma io faccio cosa voglio! Rassista!!!”. E si guardava intorno soddisfatto, e ridacchiava senza smettere la solfa telefonica, agnagnagna mutanda mutanda. Veniva un prorompente impulso a litigarci, ma uno a 60 anni impara anche come vanno le cose al suo Paese, cioè se ti comprometti per tutti nessuno ti sostiene e finisci al telegiornale in fama di “rassista”. Il senso dell’apologo era il seguente: rien ne va plus, ha vinto la sconfitta. Dopodiché senti una che piglia 30mila al mese, all’Europarlamento, per dire che la galera è “rassista”. A ding a ding a ding, hahaha! A ding a ding a prrr, Ilaria!

Max Del Papa, 17 settembre 2024

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