Non si placa la polemica contro Giorgia Meloni, che – nella giornata di ieri – per ricordare le Fosse Ardeatine, quando 335 italiani vennero uccisi dalla furia nazifascista, ha parlato genericamente di “italiani”, e non di “antifascisti”. Immediatamente, si sono levati i cori di Anpi e opposizioni, che hanno cercato implicitamente di sostenere che il premier, utilizzando la semplice formula “uccisi perché italiani”, abbia cercato di attenuare le responsabilità dei gerarchi fascisti e nazisti.
Alessandro Sallusti, direttore di Libero, ha però sviscerato un elemento che è sfuggito all’intellighenzia di sinistra. Innanzitutto, le Fosse Ardeatine sono state la conseguenza dell’applicazione di una direttiva tedesca, che prevedeva l’uccisione di dieci italiani per ogni soldato tedesco vittima di attentato. E ancora, il 23 marzo 1944 – data della tragedia – “un gruppo di partigiani del Partito Comunista organizzò, nonostante fosse conscio che ci sarebbe stata una rappresaglia, un attentato in via Rasella contro un plotone di soldati tedeschi”, ricorda Sallusti, che conclude: “Ci furono 33 vittime tra i militari e morirono anche 2 civili di passaggio, di cui uno era un bambino di 13 anni”.
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Oltre a scagliarsi contro il Presidente del Consiglio, l’Associazione Nazionale Partigiani – continua il direttore di Libero – “potrebbe ammettere che l’attentato di via Rasella fu quello più stupido e inutile della storia della Resistenza, che quei 335 italiani, antifascisti e non, trucidati per rappresaglia pesano come un macigno anche sulla loro coscienza?”.
E c’è di più. Nessuno dei pianificatori dell’attentato ebbe il coraggio di consegnarsi ai nazisti, con la speranza che si potesse evitare la strage. Anzi, ricorda ancora Sallusti, “alcuni di loro fecero poi una discreta carriera tra le file del Partito Comunista Italiano”. In sostanza, “con tutta la condanna possibile e immaginabile per quello che fecero i nazifascisti, i neo-partigiani farebbero bene a volare basso su quella tragica storia, che loro hanno raccontato in un modo, ma che la storia dice di essere andata in un altro”.