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Salvate la Manovra dalle fandonie stataliste

Gli scritti di Sergio Riscossa, economista e liberale vero, per leggere il presente

© liulolo tramite Canva.com

Gli abitanti del villaggio non si fidano più della campana perché conoscono chi la suona. Di destra (sociale) o di sinistra (socialista) si alternano governi che continuano a suonare la stessa musica: la spesa pubblica è ritenuta buona mentre quella privata sarebbe cattiva anche perché in odore di profitto capitalistico.

La realtà è che l’Italia è cresciuta, e può considerarsi un paese sviluppato, grazie al fatto di essersi inserita tra le economie occidentali in cui il capitalismo di mercato ha consentito livelli di crescita e di sviluppo prima impensabili e resi possibili grazie all’azione imprenditoriale, nonostante i bastoni tra le ruote di operatori pubblici e imprenditori disonesti collusi coi medesimi.

Scriveva Sergio Ricossa nel suo libro Dov’è la scienza nell’economia? (Di Renzo Editore – 1997): “Gli italiani vivono oggi molto meglio dei loro nonni e bisnonni. Con ogni probabilità i nostri nipoti e bisnipoti vivranno meglio di noi, a dispetto dei pessimisti: basterà evitare le guerre. Ma questo panorama positivo è in gran parte merito del progresso scientifico-tecnico, di nostra invenzione o importato dal resto del mondo evoluto. Gli economisti, non essendo scienziati, vi hanno contribuito poco. I politici, pochissimo: talvolta, forse, hanno ritardato, non accelerato, il progresso. Gli imprenditori si dividono in due categorie: quelli capaci, indispensabili per progredire, e i parassiti che succhiano il sangue altrui. Proprio la maggior ricchezza disponibile ha moltiplicato il numero dei parassiti; fra questi pongo, oltre che ai cattivi imprenditori, quei politici che si servono di una fiscalità feroce per depredare lavoratori, produttori e risparmiatori”.

Puntuale come l’equinozio autunnale, ogni anno arriva la definizione delle leggi di programmazione economica e finanziaria, strumenti con i quali si presentano le sorprese ai sudditi contribuenti, sotto forma di politiche fiscali con cui si prendono arbitrariamente i soldi di qualcuno per darli a qualcun altro. E puntuale si ripresenta l’assalto alla diligenza da parte di chi può farlo (compresa certa imprenditoria parassita) e d’intesa con il cocchiere.

Ancora Ricossa: “Certamente ci sono state delle eccezioni, ma le belle figure di industriali italiani sono poche, ed anche questi si sono spesso piegati al potere politico, perché è facile essere sedotti dalle possibilità di guadagnare facendosi proteggere dallo Stato. Il fatto è che in Italia il potere politico, più corrotto che altrove, ha trasformato questo connubio in un fenomeno disgustoso e dannoso per tutti coloro che sono fuori del gioco e che ne pagano le spese: i consumatori, la piccola e media borghesia. Il piccolo risparmiatore italiano è sempre stato depredato da tutti, perfino da chi avrebbe dovuto proteggerlo: le Casse di Risparmio, per esempio, istituite proprio per tutelarlo, sono servite piuttosto per depredarlo, senza che egli se ne accorgesse,”[Ibid].

La storia continua, senza che la maggior parte dei cittadini se ne renda nemmeno conto, sfilando nelle piazze storditi da un pensiero dominante per cui “pubblico è bello” oppure “lo stato deve intervenire”, pronti ad ultimare la bollitura come la rana che cuoce al fuoco lento delle fandonie stataliste.

Fabrizio Bonali, 27 ottobre 2024

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