Chi non ricorda il monologo del replicante Roy Batty, nel quale, sotto la pioggia e prima di spegnersi definitivamente, afferma con le lacrime agli occhi: “Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi, navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi ‘B’ balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.” Il film uscì nel lontano 1982 e quando lo vidi al cinema, ben trentotto anni fa, mai avrei immaginato cosa avremmo visto, e pure ascoltato, noi umani, nel giro di pochi anni. Cose che allora non potevamo immaginare.
Ad esempio abbiamo visto i gessetti che hanno stupidamente colorato pavimenti e muri dei siti dove erano stati portati a termine attentati terroristici, siti dove dopo la colorazione abbiamo ascoltato la canzone Imagine di John Lennon in tutti i possibili arrangiamenti. Canzone che da inno alla speranza è stata fatta diventare una sorte di preghiera laica per morti ammazzati e una supplica ai terroristi di smettere di uccidere gli infedeli, perché quegli infedeli siamo noi. Chiedere ai terroristi, implorare gente incapace di Imagine-are nulla al di fuori della violenza cieca e spiccia è politicamente corretto, difenderci invece, quello che l’occidente avrebbe fatto fino a pochi anni fa, non è rispettoso, non è politicamente corretto, non sia mai. E chi lo fa viene sempre accusato di usare troppa forza, la versione internazionale dell’eccesso di legittima difesa.
All’inaugurazione del Bataclan di Parigi, dopo il sanguinoso attentato sferrato da un commando armato collegato allo Stato Islamico, Sting ha cantato Inshallah. Mai scelta fu, diciamo, più inappropriata, ma ad eccezione dei pochi familiari delle vittime che lasciarono la sala, non ci fu nessuna presa di posizione. Nessuno che abbia scritto una riga per far presente al famosissimo cantante che aveva preso una cantonata. Tutti zitti, tutti anestetizzati dal politicamente corretto e dai taralucci e vino alla salute delle vittime che, ma questo si è saputo solo in un secondo momento perché il governo francese ha fatto di tutto per insabbiare quello di cui sono stati capaci i terroristi in quelle ore di follia, sono state selvaggiamente torturate.
C’è stata la riesumazione della canzone partigiana Bella Ciao, che tra l’altro è la derivazione di una melodia yiddish, per cui ebraica, registrata da Mishka Ziganoff, un fisarmonicista Klezmer di origini ucraine a New York nel 1919. Ma questo particolare non ditelo ai compagni, potrebbero rimanerci male. E non ditegli neanche che questa canzone divenne famosa solo a guerra finita e che i partigiani, quelli veri, forse neanche la conoscevano. Sarebbe per loro una grande delusione. E ora siamo arrivati all’inginocchiamento a tutti i livelli, in tutti i posti e in ogni occasione, come se al mettere il ginocchio sul collo di George Floyd fosse stata l’umanità intera. Quello che fa paura è il livello di demenzialità che stiamo toccando, perché in questi giorni assistiamo a comportamenti e dichiarazioni che non hanno alcuna logica.
Come se ci fosse un’epidemia di labirintite, vediamo gente che ha perso ogni equilibrio e fa cose che in altri momenti storici sarebbero state motivo sufficiente per un bel trattamento sanitario obbligatorio. Tutti si inchinano per George Floyd, si inchinano contro il razzismo, e questi inchini fanno il giro del mondo e ci si inchina anche in Europa, nei studi televisivi, sui campi di calcio e nelle sedi istituzionali. È la prima volta che una febbre antirazzista mette in ginocchio molte personalità dello sport, dello spettacolo e anche della politica. I rappresentanti del Partito Democratico, con Nancy Pelosi in testa, si sono inchinati nella sala principale del Congresso, una delle sedi più importanti della politica statunitense, per unirsi idealmente a tutti coloro che combattono il razzismo e, nel frattempo, rafforzare la proposta di togliere i fondi ai dipartimenti di polizia.
I poliziotti, anche quelli che lavorano onestamente, quelli che ci proteggono e che fanno il loro dovere, devono essere puniti. Tutti, indistintamente. In mancanza di polizia ai ladri, agli spacciatori, agli stupratori, ai rapinatori e a tutti i rappresentanti di questa parte di umanità faremo, nel momento in cui verremo aggrediti, un disegnino con i gessetti colorati o canteremo Imagine con un arrangiamento personalizzato. Difenderci no, perché se ne uscissimo vivi verremmo accusati, questo è sicuro, di accesso di legittima difesa.
Ma Nancy Pelosi, la portavoce del Partito Democratico, non è sola. L’inchino è stato eseguito anche dalla ex Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini e dai suoi fidi scudieri proprio all’interno del Parlamento italiano, come se anche gli italiani dovessero chiedere scusa, come se anche gli italiani avessero messo il ginocchio sul collo di Floyd.
Comunque, dopo anni di lavaggio del cervello, internazionale e a tutti i livelli, il progetto prende forma e, dopo l’inchino, ci possiamo scommettere, ci sarà la genuflessione. A quel punto, quando anche noi che non ci vogliamo inchinare, volenti o con la forza, verremo messi a novanta gradi, le conseguenze saranno irreparabili.
Michael Sfaradi, 10 giugno 2020