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Salvini contro la Banda del reddito di cittadinanza

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Scusate, ma davvero non riesco a digerire questa vulgata che accomuna fan accaniti e nemici preconcetti del Capitano. Ovvero, quella per cui il Capitano medesimo sarebbe il dominus indiscusso, l’uomo forte del governo e dell’Italia gialloverde. Certo, Matteo Salvini ha sbaragliato alle Europee e continua a sbaragliare nei sondaggi. Eppure, in politica non ci si conta solamente, in politica ci si pesa. La politica è anche risultato, guerra sui dossier, punti segnati. Altrimenti, resta solo il cazzeggio social.

Fuor di cazzeggio, il Capitano è in oggettiva sintonia col momento storico sul contrasto all’immigrazione incontrollata, percepita come una follia ormai da chiunque fuori dal circuito giornaloni-case editrici-procure. Poi, però, ci sono le ragioni dell’economia. Dei capannoni, dei fatturati, della produzione: storicamente, sono le sue ragioni, e quelle del suo elettorato. Che poi richiamano due grandi questioni.

La questione fiscale, l’anomalia oscena di un Paese industrializzato che tassa i profitti d’impresa ben oltre il 50%. E la questione settentrionale, la stortura inaccettabile per cui solo da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna ogni anno vengono estratti quasi 100 miliardi e scaraventati nel buco nero assistenzialista che mantiene (seppur in stato di schiavitù) il Meridione. Sono i due grandi strappi nel tessuto nazionale che figliarono il forzaleghismo. E per cui Salvini ha individuato due parole d’ordine moderne e salvifiche: flat tax e autonomia.

Da un anno a questa parte, entrambe sono soggette a una dilazione temporale estenuante. L’ennesimo confronto decisivo sull’autonomia ha partorito l’ennesimo rinvio cavilloso, e così sempre sarà, finché la posizione dell’alleato grillino sarà quella espressa dal ministro per il Sud Barbara Lezzi: “Non posso consentire che venga tolto un solo euro al Mezzogiorno”.

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